DI MARCO ZUANETTI
Deambulo alla periferia della specie, senza la levatura sufficiente per proclamare la mia appartenenza a un altro branco di scimmie.
“Siamo animali feroci ? La nostra è una storia di guerre?”.
Del resto che cosa possiamo sentire, vedere, al limite estremo della età del ferro cui siamo pervenuti ?
Questo è un mondo, a cui nostro malgrado, dobbiamo prestare attenzione a tutto.
Con la crisi del concetto di comunità emerge un individualismo sfrenato, dove nessuno è più compagno di strada ma antagonista di ciascuno, da cui guardarsi. (cfr. Umberto Eco).
Questo “soggettivismo” ha minato le basi della modernità, l’ha resa fragile, privandola di punti di riferimento.
Ma quando è accaduto che siamo diventati parvenza, vagoni sigillati in attesa, tra vigilantes e scali segreti ?
Il tutto si dissolve in una sorta di liquidità.
Cerchiamo, quindi, regole (cfr. Friedrich Nietzsche), forme, canoni, ma non cogliamo mai il reale funzionamento del mondo, la vera forma di tutto quello che è fuori di noi e quello che è dentro di noi, e questo per gli esseri umani è un eterno mistero, e l’incapacità di risolvere questo mistero ci terrorizza, ci costringe ad oscillare tra la ricerca di un’armonia possibile e l’abbandono al caos.
E in questo chiaroscuro, forse, servirebbe un po’ di ‘trepidazione di altri corridoi, di munera reciproci, di un’altra forma città’, per riassaporare l’ideale, l’essenza, la metafisica dei giusti.