DI ALESSANDRO GILIOLI
Giusto un mese fa Draghi aveva lanciato una proposta di patto sociale: tutti insieme, governo e sindacati, politica e corpi intermedi, per far uscire il Paese dalla crisi post Covid.
Alzarsi infastiditi dal tavolo delle trattative accampando un altro impegno, mentre si hanno davanti tutti e tre i maggiori sindacati italiani e si tratta su una questione fondamentale per milioni di persone, non è patto sociale. È il suo contrario.
Ma non è solo una questione di metodo. Negare qualsiasi margine di mediazione nei contenuti del confronto – “si fa come dico io e basta” – non è patto sociale. È il suo contrario.
E ancora: imporre a un muratore, a un operaio, a un facchino di lavorare fino a quando non sta più in piedi dicendogli che questo serve alle generazioni future, non è patto sociale, è il suo contrario. Perché contrappone quegli anziani e quei giovani che sono insieme tra gli sfavoriti della mancata redistribuzione di ricchezze e redditi in Italia.
E questa contrapposizione generazionale, rispetto a quanto accaduto ieri notte, è una truffa: le quote proposte dal governo per poi tornare alla Fornero non aiutano certo gli anziani del futuro – semmai sono una pezza per il presente – perché non sono una riforma sostenibile nei decenni, mentre era proprio il sindacato a proporre una riforma strutturale che pensasse anche ai precari e ai ragazzi di oggi.
Lo stesso sindacato che è stato umiliato nel momento in cui Draghi si è alzato e se ne è andato dal tavolo.
E lo stesso Draghi che, un mese fa aveva proposto il patto sociale.
Dimenticandosi che i patti si fanno in due.
Dal GR di Radio Popolare