VIRGINIA MURRU
Quel cartello che si portava appresso, in cui c’era fissa una frase eloquente: “Skolstrejk for klimatet”, era una rivoluzione, ma la ragazzina con lo sguardo acuto, quasi inaccessibile, alla fine del 2018 non poteva saperlo.
Di strada, la teenager Greta Thunberg, ne ha percorsa parecchia nel volgere di appena 3 anni. Certo non immaginava, durante i lunghi venerdì trascorsi al freddo, davanti al Parlamento di Stoccolma, che quel cartello con la scritta a caratteri cubitali avrebbe fatto tanto rumore sulla coscienza contorta di un’Umanità più incline a fare tacere i propri scrupoli.
Forse, intimamente, si aspettava che prima o poi i media le avrebbero puntato addosso il dovuto interesse, ma non credo facesse troppe congetture sul reale impatto di quegli ‘scioperi’ per l’emergenza climatica. Sempre più seria, con implicazioni e conseguenze che ormai sono visibili e riconoscibili da chiunque. I disastri riconducibili al surriscaldamento del pianeta sono una serie interminabile di tragedie che hanno travolto troppe vite umane, e creato voragini nell’equilibrio di ogni ecosistema.
Eppure, nonostante l’Accordo sul clima siglato dai leader del pianeta nel 2015 a Parigi, l’intesa è stata di fatto ignorata. In quella sede si era stabilito che l’impegno riguardava tutti i Paesi, e ‘in forma giuridicamente vincolante’. Ogni cinque anni, infatti, si sarebbe dovuto presentare sul piano internazionale un obiettivo di carattere nazionale, volto alla riduzione delle emissioni: ovvero l’NDC, Nationally Determined Contribution.
Era in qualche modo giuridicamente coercitivo il vincolo e l’accomplishment di tutte quelle misure nazionali dirette alla rendicontazione dei risultati ottenuti.
L’Accordo, nello specifico, metteva nero su bianco l’impegno delle grandi potenze in particolare (ossia quelle più responsabili degli alti livelli di emissioni), le quali si prefiggevano di contenere la concentrazione di CO2 nell’atmosfera terrestre, riportando la temperatura sotto i 2 gradi Celsius. Valori di frontiera tra l’emergenza e uno stato accettabile di surriscaldamento.
Oltre sappiamo bene cosa significa, specie quando si parla di sciagure dovute al sovvertimento del clima e dell’alterazione di tutti quei fattori di equilibrio negli ecosistemi, ormai in termini biofisici fortemente compromessi. Sappiamo infatti che i danni sono sistemici, che ad essere minacciata è la vita nelle sue molteplici manifestazioni.
Greta tre anni fa era solo un’adolescente, tuttavia molto consapevole e sensibile a queste problematiche. Era una voce silenziosa che con il suo cartello in apparenza muto, agitava invece il battaglio di autentiche campane, davanti agli occhi di tutti, ignorando anche il freddo degli inverni svedesi. Lei così fragile di salute, ma irremovibile, con un’ostinazione inaudita, che nessuno è riuscito a scalfire.
Chissà se i deputati del Parlamento svedese ogni tanto, dalle finestre di quell’austero edificio, rivolgevano il loro sguardo critico su quella ragazzina strana e impertinente. A dire il vero anche un po’ seccatrice: niente paura, nessuno l’avrebbe considerata credibile, non poteva certo vantare le conoscenze scientifiche della Fisica per un simile azzardo.. Non era Einstein.
Ma a lei non importava nulla di tutte quelle voci subdole, più o meno esplicite, che facevano di tutto per sminuire quel suo sacrificio settimanale, era imperturbabile, l’ironia dei superficiali non la sfiorava nemmeno. Andava avanti imperterrita, non aveva obiettivi precisi, tranne quello di sensibilizzare su un pericolo incombente sul pianeta.
Un pericolo peggiore di un asteroide che vagasse intorno all’orbita terrestre; non è necessario ricorrere a calcoli di probabilità per concludere che siamo più minacciati dai nostri errori nel gestire la natura, che dall’incognita di un corpo celeste che percorre la stessa orbita della Terra.
E il tempo dell’attesa, dell’azione concreta, Greta lo considerava scaduto già nel 2019: bisognava muoversi, non tra dieci anni, non tra un anno: subito.
Il tempo che scorre inesorabile sui macigni che minacciano il mondo e il suo equilibrio, non può essere considerato il relativo di un assoluto in cui al timone c’è il disimpegno e l’indifferenza.
Non occorre essere scienziati, o essere esperti di fisica quantistica: per scorgere il male non di rado bastano gli occhi e le orecchie, semplici organi di senso, e una mente sveglia che sa fare i conti in tasca alle coscienze non in regola con i principi etici della società che dovrebbero tutelare.
L’anonimato della ragazzina svedese non è durato a lungo, il cartello con la scritta: ‘Skolstrejk for klimatet’, ha cominciato a vorticare nei pensieri della gente, fino a che non è arrivata a graffiare la nebulosa noncuranza dei potenti della terra.
L’allarme sul clima, a dire il vero, suona da decenni come una sirena nei vicoli di una società politica troppo impegnata a tenere sotto sorveglianza il Pil, piuttosto che puntare seriamente l’attenzione sui drammi causati dai tornado e terribili temporali, le cui immagini puntualmente ogni anno i Tg scaraventano davanti agli occhi dei telespettatori inermi.
Insieme a quelle dei ghiacciai perenni nelle cime delle Alpi, che tali non sono più, dato che anno dopo anno si riducono, così come i ghiacciai nei due emisferi (Nord e Sud), in progressiva drammatica scomparsa. Non ci ha mai davvero impressionato quel povero orso bianco che fa slalom tra un blocco di ghiaccio e l’altro, in visibile precario stato di sopravvivenza.
Siamo troppo distratti dai non valori della vita, per fare caso alle reali insidie alla Vita. Pensiamo che la vita sia per sempre, nonostante le dure batoste che subisce l’Umanità a causa dei continui tradimenti nei confronti della Natura. Una natura che abbiamo sconvolto, piegato in obbedienza alle nostre pseudo concezioni, fuori da ogni logica di equilibrio.
Non è la gente comune del resto, che può risolvere i problemi legati alle emissioni e all’aumento della temperatura terrestre. Per la fondamentale tutela del territorio ha eletto dei rappresentanti, in ogni Paese del mondo, e sono proprio i politici che dovrebbero provvedere a riportare gli equilibri nei sistemi sovvertiti, ogni volta che questi rischiano di travolgere intere popolazioni.
Dovrebbero, questo è il punto, ma il fatto è che non tengono fede agli impegni presi. E allora questa piccola-grande ragazzina svedese, che da anni ormai non risparmia nessuno con il suo megafono, non ha forse ragione di sostenere che fino ad ora la gente ha vissuto di parole al vento, di ‘bla, bla bla?’
Greta ha saltato gli steccati delle piccole menti che hanno sottovalutato il suo ruolo, il gran bene che ha portato nella società, attraverso i semplici mezzi della comunicazione con la gente. Ha dovuto fare i conti con la pochezza della lungimiranza altrui, con il pensiero breve, taccagno, di chi ha cercato di mettere alla berlina il movimento di opinione che è riuscita a creare nel mondo intero.
Un fenomeno? Forse, ma positivo, se è riuscita ad arrivare ai Summit internazionali, dove i potenti che contano si sono sempre scambiati propositi e promesse sull’emergenza climatica, senza mettere in piedi un vero piano d’azione che limitasse i danni sempre più gravi delle emissioni di CO2 nell’atmosfera.
Che si ammetta o no, ha avuto più influenza di un team di scienziati, di fisici, senza nulla togliere alla loro competenza, sia chiaro. Invano anche le rivoluzioni ci attraversano, lasciandoci indenni, impenetrabili quali siamo al buon senso. E ora negli ultimi due Summit internazionali, il G20 a Roma e Cop26 a Glasgow, sembra che finalmente una forte scossa abbia agitato gli animi di questi grandi.
Ma tant’è: i cambiamenti si decidono quando i cimiteri sono pieni di morti.
Greta intanto ha messo in una centrifuga i loro propositi, ha portato in questi consessi internazionali un autentico terremoto, dato che hanno dovuto prendere atto di questa ragazzina minuta, ma con pertinacia e intelligenza fuori dal comune. Certo non può contare sul sapere e la conoscenza degli scienziati che ogni giorno misurano la portata dei danni causati al pianeta, ma sa quello che dice, e i suoi discorsi non sono frutto di artificiosa saccenteria, ma di un’adeguata informazione su queste problematiche.
Basterebbe ascoltarla, non parla sempre con un foglio in mano, ci sono in rete lunghe interviste, nelle quali non ci si può che stupire sul fatto che un’adolescente abbia acquisito una così profonda conoscenza su questi temi. Forse dovremmo ringraziare Dio (per chi è credente) di averla messa sulla nostra strada, e invece questo mondo inquietante, che ormai ha impallinato anche il cielo, non sa fare altro che rivolgerle parole al veleno. Sono in tanti a farlo.
Era una ragazzetta qualunque, e solo con la sua semplicità e spontaneità è arrivata alla soglia del Premio Nobel per la Pace, era tra i candidati favoriti del 2021, ma proprio a Stoccolma, la città dalla quale è partita la sua rivoluzione per il clima, si è deciso altrimenti.
A lei non sembra importare granché, i suoi obiettivi sono altri, e conoscendo il suo temperamento c’è da giurare che non si fermerà fino a quando non avrà contribuito a salvare questo bistrattato pianeta.