“BISTECCONE” SI NASCE. ADDIO GIAMPIERO GALEAZZI

DI UMBERTO SINISCALCHI
“Bisteccone” lo battezzò Gilberto Evangelisti, allora alla radio, poi capo del pool sportivo RAI.
Giampiero Galeazzi era alto e grosso. Era stato canottiere in gioventù. Due volte campione italiano (nel singolo e nel doppio), poi, dopo la laurea in Statistica, riuscì ad entrare in RAI.
Lo sport era il suo pane. Calcio, tennis, il suo canottaggio soprattutto.
E divenne subito una voce e un volto amico per i telespettatori, in un’epoca dove lo sport non era ancora chiuso ai giornalisti e i giocatori parlavano volentieri.
Così, ecco le interviste con Maradona, il “gavettone” nello spogliatoio del Napoli fresco campione d’Italia, il primo vero “bordocampista” molto diverso da quelli di oggi.
E il tennis. Anni in coppia con Adriano Panatta. Meno cattedratici di Tommasi e Clerici ma senz’altro più coinvolgenti. Ridevano e facevano ridere, i due. Una volta Galeazzi soprannominò Edberg “tacchino freddo”, senza sapere che l’espressione è usata per definire i tossici.
Ma il meglio lo diede con gli Abbagnale, due volte campioni olimpici nel “due con”, e quelle telecronache appassionate, a rischio delle sue coronarie.
Giampiero non si è mai preso sul serio. Sapeva di essere un personaggio, ma non gli importava.Tra una spaghettata notturna e le battute dei colleghi, ha sempre lavorato seriamente, con grande professionalità.
Certo, pesava un po’ troppo. Tra canottaggio e mangiate memorabili, viaggiava oltre i 150 chili. Una volta si ricoverò nella famosa clinica di Messeguet. Uscito, chiedeva agli amici se si vedesse che era dimagrito. “Ma che te lo sei magnato ‘sto Messeguet?”, lo sfottevano.
E via tra un’intervista che oggi non si potrebbe fare, un’incursione al summit Reagan Gorbaciov nel 1986, la sua Lazio e le Olimpiadi, che seguiva dal 1972.
A metà degli anni ’90, Mara Venier lo volle a “Domenica in”. Lui si divertiva e faceva divertire. Tranne una volta: mentre ballava con la Venier, la fece cadere e lei si ruppe una gamba.
Lo sport era già cambiato. L’avvento delle pay TV non gli permetteva più di infilarsi negli spogliatoi e mettere il microfono in mano a Maradona, Platini, Rummenigge. Così, quando la Lazio vinse lo scudetto nel 2000, Galeazzi era in curva nord, con i tifosi biancocelesti, a vivere l’attesa della fine della partita di Perugia, la pioggia, Collina che sospese e poi fece riprendere la partita della Juventus che, contro ogni pronostico, perse e consegnò il tricolore alla Lazio.
Poi la malattia. Diabete che piano piano lo ha divorato. Negli ultimi tempi era costretto su una sedia a rotelle, lui che, nonostante il peso, era agilissimo. Ci scherzava Giampiero. E intanto restava sempre più solo. Per anni ha subito l’invidia di troppi giornalisti buoni solo a macerarsi nel rancore contro chi era più bravo di loro.
Fino ad oggi, quando il suo cuore ha ceduto. Aveva 75 anni Giampiero e tanta voglia di vivere.
Ora sarà già lì a raccontare barzellette, a fare battute, a ridere degli altri e soprattutto di sé stesso.
Ciao, alfiere di un giornalismo che non c’è più. La terra ti sia lieve