DI CLAUDIA SABA
Matias aveva soltanto 10 anni.
Il padre lo ha ucciso con una coltellata nella gola.
È l’ennesimo femminicidio trasversale.
Uccidere il figlio per vendicarsi della madre che voleva lasciarlo.
L’uomo ha poi tentato il suicidio ma è stato salvato appena in tempo.
È accaduto ieri, a Vetrella, in provincia di Viterbo.
Oggi, a Sassuolo, in provincia di Modena, un altro uomo ha ucciso a coltellate i figli di due e cinque anni, la moglie, e la suocera.
Poi si è suicidato.
All’origine della strage, sempre le stesse motivazioni.
Lei vuole lasciare lui.
Le chiamano stragi, ma questa è l’ennesima violenza maschile sulle donne.
Una vergogna a cui non si riesce a porre fine.
E tra qualche giorno, il 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne, si “festeggerà” l’evento con le solite carrellate “farsa” da parte di illustri personaggi, pronti a mostrarci soluzioni che fino ad oggi non hanno dato niente di concreto.
La violenza esiste perché non si combatte abbastanza.
Si lotta, ma soltanto con belle parole pronunciate nei convegni fiume di varie tavole rotonde in tutta Italia.
Inutili.
Perché intanto si continua a giustificare, a coprire, a minimizzare.
Perché sono in troppi a tollerare ancora la violenza.
E quando una donna denuncia non la si prende mai sul serio.
È lei che si attacca, non l’uomo violento.
È lei “la pazza”, quella che esagera.
Ma poi è sempre lei a morire ammazzata.
Quello che manca, è la voglia di ascoltare le donne.
La volontà di proteggere i bambini usati troppo spesso per vendetta contro le donne.
Manca la prevenzione, perché il pericolo non si percepisce più, abituati come siamo alla disumanità.
Colpire un figlio per colpire la madre che vuole separarsi, è di una crudeltà senza limiti.
Eppure è così che va.
A noi resta questo…
Raccontare l’ennesima violenza di certi uomini ai danni di donne e bambini.
E fino a quando mancherà un confronto serio e costruttivo, la voglia di ascoltarci davvero, continueremo a raccontare la morte.