DI NICOLETTA AGOSTINO
Le sciabolate pregne di rancore e volgarità contro Bersani e la ditta sul palco della Leopolda, stamattina, non sono uno sguardo al passato politico di Renzi, ma al suo futuro. Quello di stamattina è stato, finalmente, il discorso dell’addio ufficiale al centrosinistra. L’attacco alla “vecchia” ditta e al PD di Letta erano dunque strategici, funzionali per accreditarsi verso il suo nuovo elettorato senza più pesi e zavorre.
Fin dalla campagna per il referendum e poi durante l’ultima per le politiche da segretario PD, Renzi ha sempre puntato sullo slogan “si vince al centro”, perdendo ironicamente tutto il perdibile, ma prima di oggi non aveva mai detto apertamente quale centro.
Oggi ha parlato di campo largo da occupare, guardando al suo riposizionamento, e qualche messaggio ai suoi futuri alleati, Salvini e Meloni, lo ha già mandato, nonché ai moderati di destra, perché in politica dove lasci spazio qualcuno lo occupa.
L’attacco ai giudici e ai giornalisti (Rai3), la persecuzione da parte della magistratura politicizzata che denuncia, lasciano presupporre che l’eredità politica e culturale che Renzi tenta di raccogliere sia quella di Berlusconi, come molti preconizzavano fin dall’inizio. Magari proverà a realizzare quel sogno liberale che a Silvio non è mai riuscito e, soprattutto, a ricostruire la destra moderata con Carfagna, Toti, Casini. Vedremo.
Berlusconi nel frattempo, con il bicipite in bella mostra, mentre fa la terza dose di vaccino, si è espresso a favore del Reddito di Cittadinanza come una misura giusta a sostegno di chi è in difficoltà.
Finirà che ce lo ritroveremo alleato di Conte in una coalizione larga che va da Fratoianni a Letta.
Che mal di testa.