DI NICOLA FRATOIANNI
MIUR, Eni, Ferrero, Motorizzazione Civile danno i loro servizi in appalto a un’azienda che non rispetta i diritti dei lavoratori. Leggete.
Questa vicenda mi è stata segnalata due settimane fa dal segretario FIOM della provincia, quando ero a #Bari.
Si tratta di un’azienda, la #BRSI, che offre servizi di help desk a clienti molto importanti.
BRSI ha uno stabilimento a Bitritto, in provincia di Bari, in cui lavorano 92 dipendenti, di cui 75 donne.
BRSI ha decurtato negli scorsi le buste paga ai lavoratori, ha tolto loro la 14esima, ha avuto accesso a Cassa integrazione ordinaria, straordinaria e cassa Covid, senza ragioni economiche (l’azienda non è in crisi).
La mattina del 15 novembre, all’improvviso, l’azienda comunica ai 92 lavoratori che prevedono la fusione con RSH, un’altra azienda, e che tutte le attività verranno trasferite di lì a poco a Catania.
Vi pare possibile una cosa del genere? Ripeto che di questi 92 lavoratori, ben 75 sono donne, con il carico famigliare che (purtroppo) conosciamo e che le costringerebbe alle inevitabili e dolorose dimissioni.
I lavoratori hanno anche chiesto di poter lavorare in Smart working, come accade da oltre un anno, senza trasferirsi da Bari a Catania.
Risposta dell’azienda? Ovviamente negativa.
È ovvio che siamo di fronte a un licenziamento collettivo di quasi cento persone, mascherato dalla richiesta di trasferimento.
Inaccettabile.
Per questo ho depositato una interrogazione al governo.
Chi sa cosa ne pensano i grossi clienti di BRSI, a partire dal Ministero dell’Istruzione.
Sanno che l’azienda cui hanno affidato i loro servizi in appalto fa carta straccia dei diritti e delle competenze dei lavoratori e delle lavoratrici?
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