DI MARIO PIAZZA
L’Economist, il settimanale inglese il cui l’azionista di riferimento è la famiglia Agnelli, ha proclamato l’Italia “Paese dell’Anno”.
Attenzione, non la nazione più bella e brava del mondo ma quella che negli ultimi dodici mesi ha ottenuto maggiori progressi, vale a dire che noi italiani dovremmo metterci diligentemente in fila distanziati e mascherati per andare tutti a baciare il C…. di Mario Draghi.
Impossibile negare che, a differenza del mesto pelatone del secolo scorso, Draghi abbia fatto davvero “anche cose buone”.
La gestione della pandemia ad esempio, se solo avesse giocato più d’anticipo e con maggior risolutezza, sarebbe stata da applauso.
Impossibile non apprezzare anche il calo di sudditanza verso l’Europa a trazione tedesca e il disprezzo manifestato verso gli scalcinati ducetti del confine orientale…
Porcapaletta, ho smesso di scrivere per dieci minuti e non mi è venuto in mente proprio niente altro. Nulla che possa far apprezzare il suo operato nei confronti del Paese, se per paese si intende l’insieme di tutte le persone che lo abitano e non soltanto quella parte che si gode la riccanza, la benestanza, l’imprenditoranza, la politicanza, la commercianza e per certi versi persino la malavitanza.
Qualcuno lo dica alle famiglie Agnelli/Elkann che una parte consistente del Paese si è rotta i cosiddetti di essere considerata come inutile zavorra, di trovarsi in ristrettezze da dopoguerra, di vedere i servizi sociali in disgregazione, di respirare ansia e incertezza invece di aria.
Qualcuno lo dica anche all’Economist che le fortune di Draghi non risiedono soltanto nella sua indiscutibile e sopraffina intelligenza ma soprattutto nella distruzione programmata di qualsiasi ipotesi genuinamente di sinistra, e che da questo punto di vista il santino profumato d’incenso avrebbero dovuto farlo a Silvio Berlusconi.
Aspettiamo di vedere se il successo dello sciopero generale di ieri è stato soltanto uno spasmo post-mortem o se invece sarà l’inizio di una sacrosanta ribellione, e se fosse “la seconda che ho detto” gli altari sulle pagine dell’Economist ce li possiamo scordare.