DI DANIELA CARFAGNA
La notte della befana era la più lunga e movimentata dell’anno, avrei voluto addormentarmi, ma la curiosità di incontrarla mi impediva di farlo.
Dormivo nella grande stanza dei nonni, in un lettino posto sul lato della finestra, vicino a nonna.
Era in realtà una culla di ferro, le sponde erano fatte di rete, simile a quella dei pescatori, mi ci posero che avevo tre mesi e ci dormii fino ad otto anni e mezzo, piccola come sono, ci sono stata sempre comoda, forse per quello ancor oggi riposo rannicchiata come un feto…
Spiavo nel buio ogni movimento, ogni respiro, ogni piccolo rumore si dilatava all’infinito, avrei voluto percorrere il lungo e freddissimo corridoio, che conduceva alla piccola saletta d’ingresso, che si apriva sulla cucina, dalla quale una tenue luce indicava lo sportello di vetro della stufa economica, dove le braci consumavano l’ultimo ciocco di legna.
Sulla piastra arroventata si ergeva, ad una certa altezza, la cappa, bianca, alla quale ogni anno, con le mollette del bucato, appendevo la calzetta di lana.
Non avevamo né albero, né presepe, prerogativa delle case americane che vedevo in televisione, nei film trasmessi alla TV dei ragazzi.
Nonna con 5 figli e me da crescere aveva molto da fare, nonno con il negozio non se la cavava benissimo, ogni sera c’era la zuppa di latte con il pane o il pancotto con l’olio, per cui ogni altra cosa era un lusso, ma la befana era sempre arrivata.
Metteva a soqquadro la stanza da pranzo, buttava per terra le sedie, rovesciava, scendendo dalla cappa coperchi e pentole e mi lasciava qualche mandarino incartato nei fogli di giornale, qualche caramella, qualche ciambella di Priverno ed un pacchetto incartato alla bene meglio, senza fiocchi né carta patinata, ma quando all’alba correvo a vedere cosa fosse successo la meraviglia era sempre fortissima…
Oltre al disastro annunciato svuotare la calzetta ed aprire quel pacchetto, raffazzonato alla meglio, era la cosa più bella che potesse accadermi… i fichi secchi, i mandarini succosi, le caramelle e quelle pentoline erano la felicità.
Correvo a perdifiato chiamando nonna: venite a vedere cosa mi ha portato la befana, gridavo… e lei sorridente e meravigliata si godeva la scena, più felice di me.
Poi veloce dalla cesta prendeva la legna, attizzava il fuoco, mi scaldava il latte e nella tazza tonda e sbeccata mi dava la zuppa cremosa…
Quella stanza era calda di amore e attenzione, ancora una volta la befana me l’aveva fatta, non ero riuscita ad incontrarla…
Ma c’era, la sentivo, era là con me e aveva il viso più dolce del mondo ed un cuore che batteva forte per tutti…
I miei pensieri in disordine sono per te Nonna.