QUELLA CALZA NELLA NOTTE

DI LUCIANO RAGNO

 

E’ già giovedì.
Riflessioni di un giornalista che si guarda intorno.
Mezzanotte e un minuto. Buio e silenzio in casa. Entro in cucina senza far rumore e accendo la luce, si può fare, finalmente non è proibito.* Due calze appese alla stufa. “Per Luciano”, su una. “Per Peppino”, sull’altra. Ma come ha fatto al Befana a entrare se non c’è il camino e la finestra è chiusa? Prendo la mia calza. E’ fatta con i ferri, a mano, ruvida, penzolano un paio di fili.
Apro. Un pacchetto con la scritta: CARBONE.
Gelo.
Eppure ero stato buono. Avevo sempre fatto i compiti e preso ottimi voti. Non avevo pianto quando, sfollati a Trevi, avevo visto bombardare la mia città, Foligno. Avevo sempre consolato mia madre, insieme a mio fratello, quando pensava a papà prigioniero in un lager in Polonia. Avevo applaudito fra gli adulti quando la radio aveva annunciato che era finita la guerra ed eravamo liberi.
Carbone. Perché?
Apro la piccola confezione, frantumo con rabbia il pezzo di carbone, si sbriciola. Assaggio una scaglia.
Ma è dolce ! E’ zucchero!
Grazie signora Befana, mi scusi se ho dubitato di lei.
La vita, quella notte, mi stava dicendo che se hai fatto il tuo dovere e hai la coscienza a posto , non devi disperare. Scarta la confezione. Dentro c’è il premio.
La vita è come la Befana, non tradisce mai.
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* Era proibito durante la guerra accendere la luce di notte in casa per non dare punti di riferimento agli aerei nemici.
Fonte dell’immagine: professionegenitori.it