DI LUCA BAGATIN
In Kazakistan il governo autocratico sta tentando di porre ordine, spesso con la violenza, alle rivolte popolari e dei lavoratori, scoppiate nel Paese agli inizi di gennaio, a seguito dell’aumento dei prezzi gas.
Su tale questione di importanza sociale, economica e geopolitica cruciale, la sinistra patriottica kazaka e russa dice la sua.
Il co-presidente del Movimento Socialista del Kazakistan, Aynur Kurmanov, parlando al canale YouTube del Partito Comunista dei Lavoratori Russo (RCWP), ha affermato che – quella avvenuta in Kazakistan – non si tratta affatto di una “rivoluzione colorata”, sul modello Maidan.
“Il corpo principale dei manifestanti odierni, in Kazakistan, è costituito prevalentemente da lavoratori dei settori petrolifero/gas naturale, metallurgia, minerario, nonché da giovani disoccupati”. Il leader socialista kazako, ha altresì sottolineato come tali rivolte siano nate a seguito degli scioperi organizzati dai lavoratori di tali industrie.
Industrie che, come sottolineato da Kurmanov, sono pervalentemente di proprietà di capitali statunitensi e britannici e degli oligarchi kazaki: “Le fabbriche nelle quali sono iniziati gli scioperi, sono fabbriche di oligarchi kazaki e partner occidentali, guidati dalla famiglia Nazarbayev (l’autocrate kazako e ex Presidente dal 1990 n.d.r.)”, ha affermato Kurmanov.
Kurmanov ha altresì sottolineato come tali proteste non abbiano alcuna somiglianza con il movimento “liberal-fascista” ucraino, che ha dato vita a pseudo rivoluzioni definite “colorate”.
“Le richieste sono puramente socio-economiche. Le prime sono stare richiese di prezzi del petrolio più bassi, aumenti salariali e riconoscimento ufficiale dei sindacati”, ha affermato Kurmanov.
“Vedere una rivoluzione colorata qui, non è altro che una teoria del complotto”, ha aggiunto Kurmanov, riconoscendo ad ogni modo che l’Occidente potrebbe essere interessato a manipolare la rivolta popolare a suo vantaggio.
Kurmanov, in un’intervista pubblicata su “Zanovo media”, ha peraltro affermato che tali proteste sono iniziate negli Anni 2000 e che, da allora, ci sono sempre state continue richieste di nazionalizzare le compagnie petrolifere.
Il leader socialista ha peraltro aggiunto che “La stessa vita nella natura selvaggia ha unito le persone. E’ stato in questo contesto che, la classe operaia e il resto della popolazione, si sono incontrate”.
Il Movimento Socialista del Kazakistan ha dunque avanzato tali richieste:
“La cessazione immediata delle ostilità contro il suo popolo e il ritiro delle truppe dalle città!
Le dimissioni immediate di tutti i funzionari di Nazarbayev, compreso il presidente Tokayev!
Il rilascio di tutti i prigionieri e detenuti politici!
La garanzia del diritto di formare propri sindacati, partiti politici e di organizzare scioperi e riunioni!
Legalizzazione delle attività del vietato Partito Comunista del Kazakistan e del Movimento Socialista del Kazakistan!”
Anche la sinistra patriottica russa, sulla questione kazaka, non è stata in silenzio.
Il partito nazionalbolscevico “L’Altra Russia di Eduard Limonov”, da sempre attento allo spazio post-sovietico, ha apposto uno striscione presso la metropolitana di Mosca, sul treno che arriva alla stazione di Alma-Atinskaya, con la scritta “Verso il Nord Kasakistan!”.
Scopo dell’azione dimostrativa, quello di ricordare la necessità di azioni decisive da parte delle autorità russe, per proteggere la popolazione di lingua russa in Kazakistan.
In tal senso, gli attivisti del partito di Limonov, ritengono che sia stato un errore l’invio di truppe russe in Kazakistan, per stabilizzare la situazione, “senza condizioni preventive per il miglioramento dei diritti della popolazione russa in Kazakistan”.
Ritengono infatti che la Russia non avrebbe dovuto “salvare il regime russofobo di Tokayev, responsabile dell’oppressione dei russi in Kazakistan”.
Il partito “L’Altra Russia di Eduard Limonov”, ritiene infatti necessario – per evitare possibili conflitti interetnici – che il nord del Kazakistan debba tornare alla Russia e che tutti i prigionieri politici che si sono battuti per i diritti civili dei russi, fra i quali Evgeny Schcherbak e Ermek Taychibekov (condannato a 10 anni di carcere), vengano rilasciati.
Da non dimenticare che lo scrittore Eduard Limonov sollevò per primo – sin dalla fine degli Anni ’90 – la questione ucraina e kazaka, giudicandole entrambe potenzialmente esplosive, a seguito del crollo dell’URSS, voluto dalle oligarchie liberali, sia russe che occidentali.
Sulla questione è intervenuto anche il leader del Partito Comunista della Federazione Russa, Gennady Zjuganov, il quale ha affermato che la drammatica situazione economica kazaka è simile a quella russa, con i prezzi alle stelle e un’”inflazione alimentare reale che si avvicina al 20%”. E ciò, ha affermato Zjuganov, a causa del permissivismo nei confronti degli oligarchi.
Tutto ciò, secondo il leader comunista, ha portato a legittime proteste di massa.
Detto ciò, Zjuganov ha fatto presente che occorre evitare che, tali legittime proteste, vengano manipolate da quelle forze occidentali che “hanno dichiarato una guerra ibrida contro la Russia”. E, perciò, ritiene Zjuganov, occorre che vi siano legami socio-economici e politico-diplomatici stretti fra tutti il Paesi ex sovietici, al fine di mantenere l’indipendenza dall’egemonia della NATO.
Luca Bagatin