DI MARIO PIAZZA
Non ho trovato particolarmente interessante la conferenza stampa di Draghi e certo la banalità delle domande dei giornalisti accreditati non ha aiutato, ma due elementi degni di commento li ho trovati.
Il primo elemento da sottolineare è come il legnoso banchiere che meno di un anno fa ha parlato agli italiani come se fossero i membri del consiglio d’amministrazione della World Bank non esista più. Un proverbio inglese afferma che non si possono insegnare nuovi giochi (trucchi) a un vecchio cane (The old dog and the new tricks), e invece questo nuovo gioco Draghi l’ha imparato alla perfezione danzando tra populismo e pragmatismo, tra prove scientifiche e percezioni, tra salute ed economia con una maestria da spedire Roberto Bolle a ballare la pizzica sul lungomare salentino. Un capolavoro poi la “captatio benevolentiae” delle scuse finali, un gesto inaspettato di umiltà meglio del cucchiaio di Totti per far partire una ola tra i giornalisti.
I giornalisti, e vengo al secondo punto. Mi ha divertito, nel dopo conferenza, ascoltare i direttori di testata autonominatisi paladini della democrazia frignare come stizzosi pensionati e frustrate zitelle per il rifiuto di Draghi di esprimere qualsiasi concetto riguardante l’elezione del capo dello stato.
Strana idea della democrazia quella di rivendicare il diritto di accendere fuochi in un bosco a proprio piacimento avendo addirittura l’improntitudine di chiedere i fiammiferi a chi ha passato gli ultimi undici mesi a fare il pompiere.
E da Palazzo Chigi è tutto, almeno per oggi.