DI VIRGINIA MURRU
Nella premessa al documento sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, sono già evidenti gli obiettivi e la portata strategica, con queste parole infatti viene introdotto:
“La pandemia di Covid-19 è sopraggiunta in un momento storico in cui era già evidente e condivisa la necessità di adattare l’attuale modello economico verso una maggiore sostenibilità ambientale e sociale. Nel dicembre 2019, la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha presentato lo European Green Deal che intende rendere l’Europa il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050. La pandemia, e la conseguente crisi economica, hanno spinto l’UE a formulare una risposta coordinata a livello sia congiunturale, con la sospensione del Patto di Stabilità e ingenti pacchetti di sostegno all’economia adottati dai singoli Stati membri, sia strutturale, in particolare con il lancio a luglio 2020 del programma Next Generation EU (NGEU).”
La sostenibilità ambientale, priorità numero uno per l’intero pianeta, era infatti, già prima che esplodesse la pandemia, uno degli obiettivi primari della Commissione Europea. L’emergenza sanitaria e i fortissimi costi sostenuti, hanno reso necessario l’intervento delle istituzione dell’Ue al fine di ridurre l’impatto della crisi economica che ne è seguita.
Il provvedimento, ossia il Next Generation EU, ha determinato un cambiamento epocale sul piano economico. In termini di risorse finanziarie sono stati messi in campo per i Paesi membri 750 mld di euro, dei quali, circa le metà, è costituita da sovvenzioni.
Per quel che concerne le risorse per il Dispositivo Ripresa e Resilienza (RRF) – parte più rilevante del programma – si è stabilito di reperirle direttamente sul mercato tramite emissione di titoli obbligazionari dell’Unione (per la prima volta obbligazioni garantite in solido da tutti gli Stati membri dell’area euro), con l’innalzamento del tetto delle risorse proprie.
Tali emissioni si aggiungono a quelle già presenti dal 2020, volte al finanziamento del programma di supporto temporaneo per l’attenuazione dei rischi della disoccupazione, ovvero il SURE – Support to Mitigate Unemployment Risks in an Emergency.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza italiano, ammonta in totale a 235,12 mld di euro. Per il primo obiettivo, rivolto alla ‘Digitalizzazione, Innovazione, Competitività e Cultura, sono stati stanziati 49,86 mld.
L’Italia è stato il Paese europeo più colpito nei primi 6 mesi della pandemia, in considerazione dei grandi costi sostenuti dallo Stato, l’Ue ha stanziato il contributo più alto: erano le condizioni poste dall’allora premier Conte per la permanenza nell’Ue.
Il PNRR per l’Italia è una opportunità senza precedenti di sviluppo, per le riforme e investimenti destinati ad una crescita sostenibile dell’economia, un’occasione unica per bypassare crisi e lacune nel sistema economico che hanno interessato gli ultimi decenni.
L’Italia, dunque, è la prima beneficiaria dei due mezzi strategici relativi al NextGeneration Ue, ossia il Dispositivo per la RRF e il Pacchetto di assistenza alla ripresa per la Coesione e i Territori in Europa (il REACT-EU). Il Fondo per la ripresa e resilienza apporta risorse per 191,5 mld di euro, da ripartire tra gli anni 2021/26, dei quali, 68,9 mld sono a fondo perduto.
Il premier Draghi ha dichiarato che il nostro Paese utilizzerà in toto la disponibilità dei finanziamenti, attraverso i prestiti garantiti da RRF, stimati in 122,6 mld.
Alle risorse del PNRR, si aggiungono quelle del React Eu, che sono di 13 mld, più quelle del Fondo Complementare: 30,62 miliardi.
In totale saranno quindi 235,12 miliardi di euro, e la prima destinazione riguarderà (vincolo richiesto dall’Ue) la Digitalizzazione, Innovazione, Competitività e Cultura, come si è accennato.
Sarà un’occasione unica per una convergenza di crescita in sintonia con le più blasonate economie dell’Unione. Il PNRR è pertanto un’opportunità straordinaria, al fine di accelerare la transizione ecologica e andare oltre i limiti che si sono rivelati critici nell’ultimo decennio. Il piano prevede sistemi avanzati e integrati di monitoraggio e analisi, con l’obiettivo di migliorare le misure di contrasto e la prevenzione di impatti e fenomeni in questo ambito.
Tutto questo tramite un incremento degli investimenti, diretti a rendere più resilienti le infrastrutture fragili, le reti energetiche e le altre esposte ai rischi derivanti dagli sconvolgimenti climatici e idrogeologici.
L’esecutivo ha lavorato affinché il Piano rendesse il sistema italiano più sostenibile nel lungo periodo, attraverso un percorso fondamentale: la decarbonizzazione in tutti i settori del tessuto produttivo.
Per il raggiungimento di questo fine si rende necessario migliorare e accelerare l’efficientamento energetico, aumentare la quota di energia prodotta da fonti rinnovabili e soluzioni decentralizzate. Si tratta di allocare le risorse RRF in questi assi strategici destinati alla transizione ecologica.
L’esecutivo ha già avviato in merito diverse misure, che hanno poi stimolato importanti investimenti. L’Italia è uno dei pochi Paesi in Europa, con Finlandia, Croazia, Lettonia e Grecia, ad avere superato i target sulle politiche di sviluppo a favore delle fonti rinnovabili nel 2020.
Intanto nel 2021 sono stati erogati i primi finanziamenti, tramite l’autorizzazione della Commissione europea, i cui fondi destinati al Paese, nel contesto Ngeu, sono stati di circa 24,9 mld (erogati il 13 agosto scorso).
I successivi finanziamenti sono subordinati alla realizzazione dei provvedimenti e riforme previsti dal Pnrr, il quale stabilisce che l’Italia destinerà 120 mld alla sostenibilità ambientale e digitalizzazione.
L’esecutivo considera il PNRR la migliore risposta alle sfide macroeconomiche che ci attendono in futuro. In primo piano le riforme strutturali, anello debole dell’economia del Paese, ma necessarie al fine di favorire la crescita nel lungo periodo.
Da sottolineare che, nonostante la lungimiranza dei nuovi interventi, l’Italia resta ultima, in termini percentuali, per gli investimenti sulla transizione ecologica.
Occupa infatti il settimo posto in Europa, con una quota di investimenti pari al 25,1%. Al primo posto, neanche a dirlo, c’è la Germania, il solo Paese che investe più della metà delle risorse in questo settore.
Finora solo 2 Paesi su 7 hanno inoltrato richiesta per un anticipo di prestiti superiori al 50% delle risorse complessive, e si tratta dell’Italia e Romania.
Polemiche sono sorte al riguardo in ambito politico, dato che al Paese è stato chiesto un impegno fortissimo nei prossimi anni, riguardo a queste risorse da restituire. Ma del resto, senza il ricorso a questi prestiti previsti dall’Ue, non sarebbe stata possibile la copertura di tutte le misure previste nel PNRR.
I conti sui risultati dell’ambizioso Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, si faranno nei prossimi due/tre anni, allorché sarà tangibile l’impatto generato dai rilevanti investimenti in settori chiave dell’economia.