DI GIANCARLO SELMI
L’integralismo è una brutta malattia. Nel corso della storia ha mietuto milioni di vittime. Nessuna religione o idea, ne è rimasta indenne. Impedisce il dibattito, stronca l’opposizione, brucia i libri, incentiva odio e risentimento e molto altro. L’integralista percepisce la critica come un’offesa degna di essere lavata con il sangue, soprattutto quando mina, mette in dubbio le sue convinzioni. Ancora di più quando genera dubbi nell’integralista stesso.
L’integralismo è stato il motore di tutte le cacce alle streghe che si sono succedute nella storia. È stato in nome dell’integralismo che si è condannato Galilei, fu il motivo della nascita della Santa Inquisizione, della legge del sospetto di Robespierre con le successive decapitazioni di massa, delle purghe staliniane. Per elencare solo alcuni degli avvenimenti storici direttamente riconducibili alla malattia.
In nome dell’integralismo si immolano, fasciati di bombe, ragazzini drogati dall’estremismo islamico. Alla base di tutto un solo ed immodificabile principio: la verità è la mia e non sopporterò che si metta in dubbio. Non è solo la difesa dell’idea, è la difesa delle proprie convinzioni contro tutto e tutti, ergo una estrema difesa di sé stessi. Le reazioni sono sempre violente.
I social hanno alimentato gli integralismi. Non sei d’accordo con la mia idea? Sei degno di essere attaccato, lapidato, insultato, dileggiato. È la maniera moderna di uccidere. Nell’immaginario di questi esaltati, la parola, quanto più insultante e offensiva possibile, insieme a faccine di ogni ordine, tipo e grado, diventano le armi. E poi i mantra, le frasi fatte, miliardi di insulti a base di insufficienze neuronali, l’accusa di egotismo a chi supera i 100 like (come se fosse una colpa), “non sei” questo oppure “sei” altro.
Alcuni sacerdoti del Movimento 5 stelle sono fra i più attivi. A parte gli insulti terribili, la frase più ricorrente “non sei mai stato del Movimento”. La utilizzano per tutto, anche se qualcuno dichiarasse di non mangiare cicorie.
Un’ultima cosa: sono stato rimproverato di detestare Di Maio. Non detesto la persona, assolutamente. Non lo conosco. Detesto ciò ch’è diventato e lo detesto politicamente, solo politicamente. Lo detesto nella stessa maniera di come abbia detestato, nella mia vita, Andreotti, Gava, Forlani, Craxi, Berlusconi, De Mita, La Russa, Gasparri, Renzi (anche il primo) e tanti altri. Lo attacco sulle sue attuali attitudini e scelte politiche, su alcune scelte comunicative.
Ne ho il pieno diritto senza per questo essere insultato. E se, come ha detto una signora di cui non ricordo il nome, detestare (politicamente) Di Maio volesse dire non essere “mai stati del (o nel) Movimento”, ha ragione: io non ci sono mai stato. Io ero nelle manifestazioni studentesche del 1977-78, quando la polizia di Cossiga ci sparava addosso ad altezza d’uomo e qualcuno, negli stessi cortei, lasciò la vita. Grazie a Dio ho fatto parte di ben altri movimenti.
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vignetta di Vauro