DI ANTONELLA PAVASILI
È anziano e incurvito dalla fatica di una vita di lavoro in un insalubre stabilimento.
Respira a fatica.
La mascherina, la malattia cronica ai polmoni e l’ansia fanno ciascuno la propria parte.
Tiene in mano una busta di carta gialla e ingiallita.
Le sue dita nodose e tremanti la stringono freneticamente.
Sta in fila composto e aspetta il suo turno.
Mi saluta cordialmente e mi chiede come sto.
Ricambio saluto e domanda.
E lui crolla.
I suoi occhi acquosi, smarriti tra le sopracciglia cispose, si riempiono di lacrime.
“Non cia putemu fari…non si po campari cchiú…”
E mi spiega che in casa con lui e l’anziana moglie vivono la figlia e i due nipotini.
Lei è separata e il marito è disoccupato e non le passa quasi nulla per i bambini.
Ed è dura, troppo dura.
Oggi è durissima.
È arrivata la bolletta della luce.
Una botta di quasi 500 euro, più del doppio di quella precedente.
E i soldi della pensione sono già finiti e ci sono anche altre spese e tutto è rincarato, anche il pane che non si può più comprare.
E per pagare la bolletta deve attingere al libretto di risparmio.
E mostra quella busta gialla che contiene, appunto, il libretto.
“I soddi pa motti ci sunnu cca…e l’avemu pigghiari…”
E ormai piange senza ritegno.
Poi sbircia il pannello col numero della fila e s’accorge che sta arrivando il suo turno.
E allora cava dalla tasca un grande fazzoletto di cotone, pulito e ben ripiegato, e si asciuga gli occhi.
Cerca di rizzarsi sulla schiena e, chissà dove, ritrova contegno e dignità.
Un’enorme dignità.
La dignità di chi è abituato a pagare tutto fino all’ultimo centesimo.
Anche a costo di attingere a quel libretto.
Dove ci sono i soldi messi via per la morte.
Per pagare le spese di funerale e loculo senza gravare sui figli.
I soldi per l’ultimo viaggio.
Quello verso un mondo senza più tribolazioni.
Quei soldi che lo inorgogliscono perché lui ha già dato tutto ai suoi figli.
Ha messo via solo “i soddi pa motti…”
E prenderli per pagare una maledetta, folle, bolletta è troppo doloroso.
Ma la vita è più forte di tutto.
E allora sospira e l’ombra di un sorriso s’allunga fino agli occhi.
“Pacenzia…” sospira.
“A picca a picca i mittemu di novu…fino a quannu n’avi facemu u nostru doveri…”
Si alza e mi sembra un gigante.
È un gigante.
Così grande e forte da sconfiggere anche le ingiustizie di un mondo incapace di onorarne il merito.
Ciao dolce vecchietto.
Avrei voluto abbracciarti e consolarti.
Avrei voluto dirti che bisogna aver speranza.
E invece me lo hai detto tu.
Grazie