DI VINCENZO G. PALIOTTI
Dalle pagine di Euronews apprendiamo che il dissenso verso Putin per la guerra all’Ucraina cresce e questo nonostante le migliaia di persone arrestate per le proteste dei giorni scorsi, quasi 6.500 secondo gli attivisti, 150 solo domenica le persone in manette a San Pietroburgo.
La Russia, o meglio il popolo russo, pare quindi schierarsi dalla parte dei “fratelli ucraini” e quindi dalla parte della PACE. Dissenso che costituisce il “nemico” più pericoloso per Putin.
Non sappiamo se Putin abbia messo in preventivo questo “intoppo” al suo progetto, ma qualcuno, anche vicino a lui, comincia a temere che, prima o poi, un conto da pagare arriverà e certamente sarà salato. Conto che metterà in pericolo la stabilità della Russia stessa, già le minacce di isolamento stanno dando i primi risultati, rublo in picchiata, esclusione dallo SWIFT, isolamento che riguarda ogni settore della vita della Russia da parte del resto del mondo.
Intanto le autorità hanno disposto, fin dalle prime ore del conflitto, lo scioglimento di ogni “manifestazione non autorizzata” minacciando di arresto chiunque non rispetti queste “disposizioni” e partecipi ad cortei relativi alle “tensioni sul fronte della politica estera” di Putin. E fino ad ora le manette sono l’unica risposta che Putin ha dato al suo popolo, che pare sempre più distante da lui per come si sta’ sviluppando, negativamente, la situazione.
Altro elemento di riflessione è il crescente numero di morti tra le truppe russe, circa 6.000 soldati morti nel corso del conflitto, dato che allunga la distanze tra leader e popolazione.
Inoltre, la stretta pare non dissuadere dalla protesta chi non approva l’utilizzo delle armi in Ucraina. Il dissenso, nato spontaneamente in strada, pare si stia organizzando soprattutto sul web. Personaggi in vista, intellettuali ed anche professionisti di nome che lanciano petizioni, lettere aperte affidando a queste la voce del paese che non riconosce, e non si riconosce, nelle politiche attuali di Putin.
Inutile forse, aggiungere che in questa protesta è riposta la speranza (ultima?) che possa far trovare una risoluzione pacifica del conflitto, ormai di conflitto si deve parlare.
(Fonte Euronews 1/3/2022)