POLVERE

DI CLAUDIO KHALED SER

 

Il tempo é polvere.
Si deposita su di noi, coprendo chi eravamo e dando forma diversa al corpo, all’anima.
Ricopre le emozioni, i ricordi, cancellando il dolore e lasciando solo un’infinita tristezza che ci accompagnerà senza mai farci morire.
I gesti, anche quelli più importanti perdono l’intensità, sbiadiscono, lasciando una impercettibile traccia del loro passaggio.
Chi eravamo, cosa facevamo, quanto ed in che modo abbiamo vissuto, diventa tutto lontano.
E non ci ricordiamo.
Ricostruiamo i ricordi mettendoci pezze inventate, prese qua e là e ripetute per farle sentire vere; per farci sentire legati a qualcosa che ormai é ricoperto di polvere.
Quando mia madre morì, la polvere aveva da tempo preso possesso del nostro rapporto.
Non era lei, non ero io.
Solo due persone che il caso aveva messo vicino.
Ma mai veramente vicino.
Mi accorsi che non piangevo e, mentre lei scivolava sotto terra, niente di me scendeva con lei nella fossa.
Non sono mai più ritornato in quel cimitero, non saprei nemmeno dove cercare la tomba, ma soprattutto cosa dire davanti ad una eventuale lapide.
Chissà cosa si prova veramente a perdere la madre.
Non mi é stato concesso di saperlo.
Ho sempre guardato il dolore piombarmi addosso; ho, lasciato che mi ferisse senza mai farmi morire, ho messo tra lui e me uno scudo di polvere.
Non avrei potuto altrimenti vivere la vita che ho vissuto.
Non avrei mai potuto sopportare tutto quello che ho visto e ritornare a vederlo non una ma mille volte.
La polvere ha coperto i volti della gente disperata, dei feriti, dei morti, di tutti coloro che sapevo destinati a morire.
E’ la polvere che mi ha aiutato a vivere.
Ed oggi, mentre sono qui, seduto sulla sabbia di un deserto che m’assomiglia; guardo la sabbia e capisco quanto sia stata importante per me.
Alle mie spalle il villaggio, la sua gente, gli odori del cumino, i belati delle pecore, le grida dei bambini…….
Tutto un giorno sarà polvere.
Ed é giusto che sia così.
Ho pensato tanto se era il caso di scrivervi queste poche righe.
Forse il silenzio era meglio.
Ma con voi ho vissuto anni e anni di parole’, di gesti, di emozioni.
Ho deciso che non era giusto tacere.
Oggi che il silenzio é diventato il mio padrone e che tutto quello che mi circonda é coperto da questo sottile strato di polvere, trovo il coraggio d’affrontare i miei rimorsi, misurarmi con loro.
Forse un giorno troverò anche la forza di perdonare e quindi di perdonarmi.
…….forse.