DI MARIO PIAZZA
Ho sempre avuto una particolare avversione per le ricorrenze.
Quelle commerciali come Halloween e San Valentino, quelle religiose come Pasqua e Natale, quelle storiche come la Liberazione, quelle convenzionali come il Primo Maggio e il Ricordo e pure quelle personali come compleanni e anniversari assortiti.
Non lo so di preciso il perché di questa avversione, immagino sia la quota anarcoide e ribelle della mia mente che non sopporta l’attivazione a comando di quanto abbiamo di più intimo, i sentimenti e le emozioni.
La Giornata della Donna non fa eccezione, ma se proprio mi corresse l’obbligo di celebrare oggi la parte migliore del genere umano rivolgerei il mio pensiero alle donne in guerra, a quelle che la guerra la fanno e a quelle che la subiscono perché in comune hanno lo stesso sguardo che urla meglio di qualsiasi altra cosa l’assurdità dell’uccidersi a vicenda.
E’ quello sguardo fiero e smarrito, coraggioso e spaventato allo stesso tempo che gli uomini dovrebbero inseguire e fare proprio, perché ho la certezza che se mai lo trovassimo le armi tacerebbero per sempre.