ODESSA, GILETTI “RACCONTA” IN ATTESA DELLA GUERRA

DI CLAUDIA SABA

 

Giletti, “non è l’arena”, la 7.

Non è in studio questa sera.
È a Odessa.
Dietro di lui sacchi di sabbia per simulare una trincea.
Tra le mani pezzi di una bandiera ucraina, volto desolato e sguardo malinconico.
“Ho deciso di mostrare il corpo di questa ragazza per far capire la guerra”, dice.
E con la voce rotta dal pianto, racconta dei morti, delle brutture della guerra, della fame di una città ridotta a un cumulo di macerie.
“Non è retorica”, dice.
Ma è solo retorica.
E a me viene da piangere.
Una guerra sbattuta in faccia come fosse una fiction, senza alcun rispetto per i morti né per i vivi che stanno affrontando la tragedia.
Siamo allo show televisivo, al format strappalacrime studiato di proposito per colpire al cuore lo spettatore.
Per spingere ad applicare la “no fly zone”.
“Non si capisce perché ancora non venga applicata”, dice Giletti, diventato all’improvviso esperto di geopolitica.

Intanto Zelensky, da Israele, anche questa sera ha messo in scena il suo solito repertorio.
“I russi come i nazisti, perché non ci fornite armi?”
Pronto a negoziare con Putin, ma “se i negoziati falliscono è Terza guerra mondiale”.
Follia pura.
Mentre la recita va in diretta.
Da Odessa, dove la guerra non è ancora arrivata.
E dai video ben “costruiti” da artisti della comunicazione che spalleggiano il presidente ucraino.
Un presidente pronto a distruggere il mondo intero piuttosto che impegnarsi per la pace.
Lui vuole che sia guerra per tutti.
Giletti?
In una strada deserta riesce persino a dire:
“Abbiamo giocato persino con un gatto”.
Che tristezza un giornalista che influenza la notizia solo per fare audience.

Pensavamo che con i plastici di Vespa a “Porta a Porta” si fosse toccato il fondo, non avevamo calcolato Giletti.

_________________________________________________