DI MASSIMO RIBAUDO
A parole, tutti vogliamo la pace e odiamo la violenza e la distruzione della guerra.
Ma per ottenere la pace ci vogliono dei presupposti fondamentali. Una cultura, un assetto mentale, un atteggiamento di rispetto e riconoscimento reciproco.
Gli accordi, i compromessi, i patteggiamenti adesso vengono chiamati “inciuci”. Ennò: senza accordi, scambi di vantaggi e oneri, non c’è mai pace.
Va bene essere fieri del proprio paese, va bene difenderne le tradizioni, ma i nazionalismi hanno sempre portato a guerre. Sempre. Il nazionalismo deve essere eliminato da ogni discorso politico, se si vuole la pace.
Ci vuole anche una cultura della difesa militare democratica e pluralista.
Se lasciamo l’ambito bellico ai nazisti, perché noi siamo buoni e odiamo le armi e la violenza, gli unici ad avere l’addestramento adatto e a saper usare le armi saranno i nazisti.
E’ un grosso rischio.
Certo, si potrebbe arrivare al disarmo. Ma io non ci credo.
La cultura della pace non è una cultura della bontà o dell’amore.
E’ una cultura del rispetto. E’ una cultura dove io sono disposto a cedere qualcosa (vantaggi, beni, ragioni, etc.) pur di godere una maggiore sicurezza ed equilibrio.
E’ una cultura di cooperazione dove ognuno non guarda solo quello che è disposto a fare l’altro, ma vuole impegnarsi maggiormente lui per ottenere risultati di pace.
Tutti questi elementi, e ve ne sono molti altri, sono quasi del tutto assenti nel nostro dibattito politico e civile.
Vogliamo davvero la pace?