L’UCRAINA, TURATI E “O PUGNANDO SI MORRA'”

DI LIDANO GRASSUCCI

 

Quando la patria é oppressa, quando l’invasore minaccia di chiudersi su di essa le ire contro gli uomini e gli eventi che la ridussero a tale sembrano passare in seconda linea per lasciare lampeggiare nell’anima la ferma volontà di combattere e di resistere fino all’estremo
Claudio Treves e Filippo Turati, novembre 1917 da “Critica Sociale”
Recupera questa frase Bobo Craxi su FB. Mi colpisce perché definisce una cultura, quella socialista, che è contro ogni guerra ma dichiara guerra al torto, all’ingiustizia, alla prepotenza, alla sopraffazione. In questa vicenda della guerra in Ucraina mancano le famiglie politiche, emergono pragmatismi di potenza, di tutte le potenze. Non c’è una idea sulla guerra, sulla giustizia, sulla dignità.
Delle altre famiglie politiche non dico, non potrei, io sono della mia. Ma in questa frase di Turati e Treves c’è un animo: si resiste al sopruso, non si resta indifferenti al sopruso.
Se resto indifferente al sopruso accetto i parrucconi con i loro privilegi quando eravamo sanculotti nell’animo di vederli senza testa, accetto i padroni che sfruttano il lavoro per il profitto, accetto i preti nel loro oscurantismo. Se resto indifferente non ho ragione di essere
“I mutamenti intervenuti dopo le due guerre mondiali, la modificazione della natura e delle manifestazioni del capitalismo non hanno mutato la ragione fondamentale della lotta socialista e cioè quella di provocare un superamento del capitalismo con il passaggio ad un ordine economico, sociale e politico più evoluto, che arricchisca le libertà dell’uomo, le sue condizioni di vita materiale e spirituale”
Bettino Craxi
La lotta è in noi, è noi e questo è un impegno con la nostra coscienza: noi stiamo con gli ultimi, con i derelitti, con gli aggrediti, con i tribolati. E non chiediamo le ragioni perché rivendichiamo anche il torto.
“o vivremo del lavoro o pugnando si morrà.
o vivremo del lavoro o pugnando si morrà”.
Pugnando, combattendo, e lo ha scritto il più riformista di noi, il più dialogante, il più consapevole del conto che porta la lotta, Filippo Turati. Ma la lotta è in noi, dentro. La lotta è la resistenza attiva ad ogni sopruso, è Davide che colpisce Golia. La resa non è contemplata, perché la resa al sopruso mina non il passato, non il presente, ma l’avvenire e l’avvenire è l’unica cosa che possiamo determinare e non lo vivremo da schiavi.
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