DI MARIO PIAZZA
Ai più attenti non sfuggirà stamattina un video pubblicato dal New York Times e rilanciato da varie testate dove la squadra giornalistica investigativa del più importante giornale del mondo incrocia le immagini orripilanti girate dai fuoristrada che fanno lo slalom tra i morti di Bucha in via Yablonska con le immagini satellitari di tre settimane prima che il video esplodesse come una granata nelle case di tutti noi.
L’analisi delle immagini satellitari mostra al di là di qualsiasi dubbio che quei corpi erano già lì nelle stesse posizioni in cui sono stati ripresi a livello strada 3 settimane dopo, accanto alle stesse biciclette e alle stesse auto abbandonate.
Questo sfalsamento temporale nulla toglie all’orrore di vite di innocui civili disarmati spezzate senza alcuna ragione ma spazza via in un sol colpo gran parte delle sciocchezze che sono state dette e scritte sull’episodio.
Abbiamo letto di morti che si muovono, di battaglioni russi che sfogano sui civili la frustrazione della ritirata, di ricostruzioni cinematografiche, addirittura di ucraini che massacravano altri ucraini per dare la colpa ai russi. Tutte ca33ate, perché quel 11 di marzo delle riprese satellitari Bucha era saldamente occupata dagli invasori russi e pareva che la stessa Kiev dovesse cadere nelle loro mani entro qualche giorno.
Tutte le guerre sono incastonate di orrori insensati come questo, abbiamo tirato in ballo località tristemente famose come Marzabotto e My Lai quasi che allargare il campo delle infamie potesse diluire la responsabilità di chi le ha perpetrate. Un orrore è un orrore e mille orrori sono mille orrori, ognuno di essi con i suoi esclusivi carnefici e le sue esclusive vittime.
Sono queste responsabilità che il giornalismo deve cercare e documentare, è per questo che tanti giornalisti rischiano e spesso ci lasciano la pelle. Accanto a questi eroici e oscuri manovali della verità purtroppo c’è anche una pletora di intrattenitori e marchettari che del giornalista hanno soltanto la tessera. Si possono riconoscere facilmente dal cerone di cui si impiastricciano, dai tacchi a spillo, dall’atteggiamento finto-sapiente e dagli schiamazzi verbali o scritti con cui catturano sia la nostra attenzione che i loro lauti stipendi.
Guardiamo pure i Giletti, le Gruber, i Mentana e le Merlino se ci piace farlo ma non scordiamoci mai che quel genere di giornalismo è l’equivalente dei cinepanettoni nella cinematografia.