DI VIRGINIA MURRU
E’ rimasta famosa per quell’eloquente espressione che nel 2014 si scagliò come il pungiglione di un insetto molesto, e come tale il suo ‘fuck the Eu’ (l’Europa vada a farsi fottere) fu recepito, con evidente sdegno dai leader europei. La Cancelliera Merkel manifestò tutto il suo rigetto, definendo inaccettabile il linguaggio ‘folkloristico’ della Nuland nei confronti dell’Ue.
E così l’Assistente Segretario di Stato per gli Affari Europei ed Euroasiatici, quasi sorpresa dello scalpore (non si espresse peraltro in modo così poco diplomatico in pubblico, ma al telefono, e tuttavia quello che disse fu registrato..) provocato da quel gesto d’insofferenza, se ne scusò con le autorità di Bruxelles.
Quelle parole schiette, certamente inadeguate, erano comunque il segno di un disagio da parte della diplomatica statunitense, che considerava in definitiva l’Europa troppo chiusa nel suo attendismo, o peggio indecisionismo, laddove invece, secondo il suo pragmatico modo d’intendere le questioni internazionali sensibili, era necessario un intervento forte e chiaro.
In graticola, anche nel 2014, c’era l’Ucraina e l’irrisolto conflitto nel Donbass, regione di confine con la Federazione Russa, che già da tempo aveva messo gli occhi su quei territori ‘contesi’, dato che gli abitanti, in parte, erano filorussi. La Russia aveva già messo le mani in Crimea, annettendosi la penisola con il porto di Sebastopoli, strategico sul piano militare nel Mar Nero.
Il rifiuto degli Usa e dell’Ue per quell’operazione avvenuta quasi in sordina, senza sparare un colpo, era il minimo che il Cremlino si potesse aspettare e, allorché a causa di questo arbitrio furono comminate le sacrosante sanzioni, la Russia non è che le accettò senza battere ciglio, ma non poteva certo evitarle.
Victoria Nuland, nota per essere avversa alla politica espansionistica del Cremlino, è rimasta sempre al suo posto di Assistente Segretario di Stato per gli Affari Europei ed Euroasiatici, presso il Dipartimento di Stato degli Usa, dai primi anni ’90 con l’amministrazione Clinton, fino all’attuale con Joe Biden, inossidabile e sempre più determinata nell’opposizione alla politica del Cremlino.
Avvezza a mille epiteti, non fa una piega verso i suoi ‘detrattori’ in Asia, e ancora meno a quelli di casa, anche quando viene definita ‘un falco’ o ‘burattinaia del regime ucraino’. Ma in particolare, a partire dal 24 febbraio scorso, viene considerata la donna che potrebbe decidere il ‘destino dell’Umanità’, vista l’esperienza acquisita sul campo nel corso del suo incarico diplomatico svolto in Ucraina dal 2014, e la sua influenza su quello che si sta decidendo oggi a Washington in merito al conflitto. Sempre a difesa dell’agenda americana per quel che concerne l’atavica diffidenza verso la Russia.
La Nuland si è fatta apprezzare per le sue capacità diplomatiche di lungo corso, per il modo schietto d’interagire con i suoi interlocutori, e per la competenza dimostrata negli anni, tanto che sia le amministrazioni repubblicane che democratiche hanno confermato il suo incarico, ad eccezione del periodo di mandato di Donald Trump.
Segue a stretto contatto con la Casa Bianca l’evoluzione degli eventi in Ucraina, concordando nell’assoluta condanna dell’aggressione da parte della Russia. Gli Usa, non potendo intervenire direttamente, combattono quella che viene definita ‘proxy war’, ossia guerra di procura, attraverso l’assistenza costante al governo ucraino, tramite sostegno umanitario, finanziario e soprattutto approvvigionamento di carattere militare.
Ha conseguito la laurea in uno dei migliori atenei americani, parla diverse lingue straniere, in particolare tedesco e russo. Ultimamente, in seguito agli sviluppi del conflitto in Ucraina, ha manifestato preoccupazione per i laboratori di ricerca biologici a scopo militare, seguiti e diretti dagli americani proprio in Ucraina. C’è il timore che i russi possano metterci le mani, e finalmente si è comunque venuti a conoscenza di questo dettaglio, che la Nuland negli anni scorsi, per ragioni di opportunità, aveva giurato non esistessero..
Nell’attuale guerra russo-ucraina è tra i più convinti assertori della necessità di intervento Nato per la risoluzione del conflitto in favore della Nazione aggredita, sulla base di indagini e prove circa i crimini gravissimi compiuti dall’esercito russo ai danni di civili inermi.
Sembrerebbe che la Nulan sia favorevole ad un intervento concreto, ma esperti militari del Pentagono hanno ovviamente dimostrato prudenza, dato che un coinvolgimento armato della Nato porterebbe ad un’escalation che sarebbe poi difficile controllare, allorché entrassero in gioco rischi di ricorso al nucleare.