DI ENNIO REMONDINO
«La politica della difesa russa nel XXI secolo: evoluzione e caratteristiche», il titolo impegnativo del nuovo numero di ‘IRIAD Review, studi sulla pace e sui conflitti’, dell’Istituto di ricerca internazionale Archivio Disarmo’. Di particolare attualità uno studio di Alessandra Boccia sulla politica della difesa russa e un’analisi di Alessandro Ricci sull’arsenale nucleare russo. Qui le sintesi dei testi sulle forze armate russe.
Dall’Unione sovietica alla Russia
Tra la fine dell’Unione Sovietica e il 1998, il numero di militari russi è passato da 4 milioni a un milione. In questa situazione, la Russia post-sovietica ha intrapreso un lento percorso di riconquista di rilevanza internazionale e contrasto all’espansione Nato nell’est Europa, passato attraverso la ricostruzione delle forze armate e un consistente export di armi.
Il Piano Ivanov
L’ammodernamento e la riorganizzazione dell’esercito russo hanno rappresentato un’assoluta priorità nell’agenda politica della neonata Federazione russa. I primi passi in questo senso furono l’istituzione, nel 1993, del Ministero della Difesa e l’approvazione del “Piano Ivanov”, dal nome dell’allora Ministro della Difesa, che nel 2000 inaugurava “la nuova fase di modernizzazione dell’esercito”.
La guerra in Georgia 2008
Il vero punto di svolta nel rinnovamento delle forze armate russe fu la guerra in Georgia del 2008, dalla quale emersero «i limiti e l’arretratezza dell’esercito di Mosca, nonostante la vittoria sul campo». L’allora Presidente Medvedev reagì firmando il Programma Statale di Armamenti (GVP 2020), «il più importante programma russo di modernizzazione adottato dalla dissoluzione dell’URSS, che prevedeva un investimento di 20,7 trilioni di rubli (700 miliardi di dollari) per snellire la catena di comando e ammodernare l’industria bellica e gli armamenti».
Trilioni di rubli
Gli investimenti più importanti nella Marina militare (26%) e nelle Forze spaziali (18%). Nei programmi di ammodernamento anche la flotta aerea russa, «diventata la seconda al mondo per numero di aerei attivi (4173, l’8% dei velivoli militari di tutto il mondo), seconda solo agli Stati Uniti (25%)».
La spesa russa è aumentata in maniera consistente a partire dal 2012 (3,7% del PIL) per raggiungere l’acme nel 2016 (5.4% del PIL) e continuare a ruotare attorno al 4% del PIL.
Tuttavia, prevedendo che gli obiettivi del GVP di Medvedev non sarebbero stati raggiunti entro il 2020, già nel 2017 Vladimir Putin firmava il ‘GVP 2027’: 20 trilioni di rubli per proseguire il processo di riforma delle forze armate.
Dati Sipri, 60 miliardi contro 800
Secondo il SIPRI, con una spesa di 61,7 miliardi di dollari (il 4.3% del PIL), nel 2020 la Russia era il quarto Paese al mondo in materia di investimenti nel settore militare. Sopra di lei Stati Uniti, Cina e India. Gli Stati Uniti, sappiamo che nel bilancio Difesa proposto da Biden al Congresso, supereranno adesso gli 800 miliardi.
La Russia è comunque tra i cinque maggiori esportatori di armi al mondo. «Le armi più richieste dai partner di Mosca sono gli aerei da combattimento Flanker, il Sukhoi Su-27, il MiG-29», precisa Alessandra Boccia.
L’industria militare russa
Antichi limiti dovuti a innovazione limitata e inefficienza, che si aggiungono alle sanzioni internazionali in corso da anni e alla decisione di fatto costretta «di interrompere le importazioni di materiale militare dall’Ucraina e dai membri della Nato». Ed ecco che sulla classifica più recente delle “25 migliori compagnie al mondo nella produzione di armi e servizi militari” compilata dal SIPRI di Stoccolma, compaiono ora solo due compagnie russe: la “Almaz-Antey” (15esimo posto) e la “United Shipbuilding Corporation” (25esimo posto).
Armi russe a chi?
- I Paesi in cui Mosca esporta più armi sono India, Cina, Algeria, Egitto, Vietnam.
- L’India è il Paese che importa più armi russe, nonostante tra il 2010 e il 2020 la percentuale sia passata dal 62% al 46% «per ridimensionare l’influenza sul settore della difesa del Paese».
- Gli armamenti russi che la Cina importa sono il 18% del totale. L’Algeria, «il maggiore importatore di armi del continente africano», acquista il 15% del suo materiale bellico da Mosca.
- L’Egitto, terzo importatore di armi al mondo, a partire dal colpo di Stato del 2013 ha ritrovato nella Russia un attore disponibile nella fornitura di armi in contrapposizione agli Stati Uniti.
- Il Vietnam è un Paese in cui la Federazione russa è tornata a giocare un ruolo importante dopo l’alleanza tra i due Paesi ai tempi dell’Unione Sovietica, andando a rifornire, con alti e bassi tra il 2011 e il 2019, il Paese asiatico di sottomarini, aerei, sistemi di difesa costiera, fregate e missili.
Conclusioni politiche
«Le due grandi sfide che la Russia ha tentato di affrontare negli anni recenti, quello di riacquisire un ruolo di rilievo nelle relazioni internazionali e di arrestare l’espansione della NATO verso i Paesi dell’est Europa, sono rimaste irrisolte causando instabilità e tensioni nella comunità internazionale».
Sanzioni economiche. La Russia può vantare un debito pubblico contenuto (circa il 17% del PIL) e la bilancia dei pagamenti in attivo che le hanno consentito di accumulare riserve monetarie. Nel breve periodo Mosca potrà evitare il rischio di bancarotta, potendo contare sui proventi della vendita di gas, petrolio e delle riserve citate.
«Ciò che accadrà nel medio e lungo periodo rimane invece incerto e ricco di questioni aperte. Come sarà il nuovo equilibrio internazionale e come si rapporterà la comunità internazionale con Mosca?».
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