IL 25 APRILE DEL 1945 INIZIAVA A NAPOLI, NEL SETTEMBRE DEL ’43

DI RAFFAELE VESCERA

 

“Arrivato nel cuore di Napoli dopo un lungo cammino, raggiunse la strada indicata nell’indirizzo ricevuto. Bussò inutilmente alla porta della baronessa e ridiscese quando l’ululo di una sirena mise in subbuglio il quartiere. “Mo’ arrivano, Mo’ arrivano”, travolgendolo gridava un fiume di gente in fuga dalle case per raggiungere i rifugi antiaerei.
Seguì la corrente, laggiù sotto le gallerie borboniche, dov’erano ammassati a migliaia i napoletani. Ma l’allarme non era per gli aerei e neanche per l’eruzione del Vesuvio. Era arrivata prima l’eruzione di rabbia dei napoletani. Gli strazianti violini si fecero pietre, i dolci mandolini pistole, le battenti chitarre fucili, le rimbombanti tammorre bombe a mano, i sapienti cantastorie passaparola. Il coraggio passava di bocca in bocca, con la frase prima pronunciata a denti stretti, “Adesso vi facciamo vedere chi sono i napoletani” e poi urlata a squarciagola da impareggiabili tenori.
Si scatenavano le donne, per riprendersi mariti e fratelli, lanciavano giù dalle finestre mobili, arnesi, pentole d’acqua bollente, coltelli e quanto potesse colpire i tedeschi. Partirono scugnizzi e sciuscià, dalle Vie Pal uscivano guaglioni di quindici, dodici, e ‘uagliuncelli ‘e sei sett’anni, per riprendersi i padri al grido di currete, currete ‘uaglio’, lanciavano pietre con fionde sui soldati e bombe a mano, trovate chissà dove, contro i carri armati. Sbucando dai nascondigli armati di fucili, arrivarono muti gli uomini per tendere agguati mortali ad ogni angolo di strada.
“S’è levato ‘o cappiello”, dicevano i vecchi, parlando del Vulcano che festoso lanciava lapilli per saluto ai figli insorti. Così, per quattro jurnate e quattro nuttate, ommene, fèmmene e criature, assediarono fascisti e tedeschi che sconfitti chiedevano la resa. Napoli si scarcerava da sola, era la prima grande città a farlo, consegnandosi libera agli Alleati, mentre il Vesuvio si placava.”
*dal romanzo ‘Il Giudice e Mussolini’, di Raffaele Vescera
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Dal film di Nanny Loy “Le quattro giornate di Napoli”
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