DI ANTONELLA PAVASILI
La donna in foto col casco si chiama Samantha Cristoforetti.
La conosciamo tutti, giusto?
Ha un cervello così pesante che anche in totale assenza di gravità continuerà a pesare almeno una tonnellata.
Parla italiano (è italiana, grazie a Dio), inglese, russo, cinese e un mucchio di altre lingue.
Ha una caterva di lauree, un curriculum lungo quanto l’autostrada del Sole, il coraggio di dieci generazioni di leoni dominanti e una preparazione fisica, psichica e professionale assolutamente pazzesca.
Samantha per lavoro, un lavoro straordinario dal quale questa minuscola umanità potrebbe ricavarne benefici enormi, viaggia spesso.
Ma lei non viaggia solo per cielo, per terra o per mare, lei viaggia anche nello spazio.
Si infila nelle capsule, viene sputata a milioni di anni luce di distanza dalla terra, indossa tute mostruose e su quelle navicelle ha ruoli di responsabilità che al solo pensarci ci si sente più minuscoli di un granello di sabbia.
Samantha per i mesi in cui starà via, a bordo di quella navicella, ci mangerà, dormirà, cercherà di lavarsi, avrà le mestruazioni, avrà forse un mal di testa, un momento di nostalgia, un attimo di stanchezza.
Ma farà il suo lavoro.
Straordinario, come lei.
E qualcuno le chiede: e i figli?
Ma dico, che domanda è?
I figli, i figli di Samantha, staranno con papà, coi nonni, con gli insegnanti.
Esattamente come i figli di tante altre donne che lavorano.
Alla sera guarderanno il cielo e saluteranno mamma.
Come lei ha salutato loro prima di partire.
Un bacio.
Un bacio da mammà, per mammà.
Tutto il resto sono solo boiate, dannate boiate.
Buon lavoro Samantha.
Un bacio a te…immensa mammà
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Foto web
