DI MARIO PIAZZA
Sto per cedere, è ogni giorno più difficile mettere in fila quattro pensieri per dare un senso al dibattito sulla guerra e appena si ha la sensazione di riuscirci gli attori cambiano le carte in tavola e occorre ricominciare tutto da capo.
Soltanto ieri sul fronte interno Draghi si è tolto l’elmetto e Conte è rientrato nei ranghi.
Su quello internazionale Biden ha fatto una doccia col Valium, Putin ha iniziato a balbettare, Erdogan mette in crisi la Nato per le ragioni sbagliate mentre Svezia e Finlandia distruggono la propria neutralità e Zelensky diventa il testimonial di un prodotto di largo consumo per lasciare la parola alla sua vice Iryna Vereshchuk, un personaggio al cui confronto la nostra Giorgia si trasforma in una pacata nobildonna che prende un tè con le amiche in salotto.
Vi giuro che ci ho provato in tutti i modi a sposare la causa ucraina, ho provato a credere che la guerra sia davvero iniziata solo tre mesi fa, che i nazisti di Azov fossero solo un agglomerato di cellule impazzite, che le immagini atroci fossero tutte vere e tutte a carico dei russi, che gli accordi di Minsk fossero acqua fresca, che le leggi liberticide ucraine fossero invenzioni della Pravda.
Ci ho provato, ma quando sento la controfigura di Zelensky dirigere l’odio del proprio paese non contro Putin o contro l’esercito invasore ma contro tutta la popolazione russa mi vengono in mente tristi immagini in bianco e nero del secolo passato che riducono in cenere tutti i miei tentativi.
E allora, se per ideologia e conoscenza non posso essere filorusso e per istinto e sensibilità neppure filoucraino sapete che succede? Nulla di trascendentale, semplicemente proverò a occuparmi delle cose che capisco e non di un conflitto che mi fa sentire un imbecille in balia degli eventi almeno un paio di volte al giorno.