DA REDAZIONE
Biden parla di Kiev, ma pensa a Pechino. Oltre ciò che appare, sulla scia di chi prima crede e poi pensa, siamo in piena Terza guerra economica mondiale: mercantile, doganale, tariffaria, valutaria.
Le allarmanti dichiarazioni di Janet Yellen, Ministra del Tesoro Usa ed ex Presidente della Federal Reserve.
«Guerra in Ucraina, analisi e comunicazione: dal metodo al merito. Questo potrebbe, benissimo, essere il titolo di un convegno sui media, o il “topic” elaborato da un think-tank che si occupa di geopolitica. Specie se scriviamo che Biden parla di Kiev, ma pensa a Pechino».
Guerra di Kiev mirando a Pechino
Sta invece diventando lo spartiacque, anzi, il “grand canyon”, che divide chi si alimenta, sempre e comunque. di assolute certezze, da chi, invece, è roso dal tarlo del dubbio. O, per farla più breve, il fossato scavato dal diverso approccio cognitivo, tra chi “crede” e chi “pensa”. Ora, senza scomodare aulici e titanici scontri sulla ricerca della verità, dal razionalismo cartesiano all’empirismo inglese, e volando più a bassa quota, ci è parso di capire che, ad abbozzare un dibattito meno spiccio sulla guerra in Ucraina, si corra il rischio di finire bruciati come le streghe di Salem. Guai a uscire un alluce dal seminato, perché i “duri e puri” della verità “a geometria variabile” sono pronti a incidere, immediatamente, il tuo nome sull’ostrakòn del “politically correct”. È proprio quest’ultima genia che, nel corso della storia, ha cronicizzato le guerre, rendendo le paci impossibili.
Se l’obiettivo è evitare la guerra nucleare
Capiamoci. Qui non è in discussione chi ha provocato la guerra in Ucraina. Né qualcuno può mettere in dubbio la feroce invasione di Putin o il sacrosanto diritto di difendersi degli ucraini. Però, l’algoritmo per risolvere questa crisi è molto più complicato di come ce la raccontano. Innanzitutto, non bisogna confondere tattica e strategia. L’obiettivo finale deve essere quello di evitare qualsiasi tipo di guerra nucleare. Anche quella “tattica”, limitata al teatro europeo. Questo significa che tutti gli altri “target” vengono dopo. Va stabilito “quanto” e fino a che punto occorra continuare ad armare l’Ucraina, per evitare reazioni “asimmetriche” da parte di Mosca che, incalzata sul terreno convenzionale, potrebbe avere due reazioni: accettare di trattare o cominciare a utilizzare armi atomiche a corto raggio. Scatenando un’escalation imprevedibile, quanto devastante. Attenzione: proprio per questa considerazione, inviare armi sempre più pesanti, senza alcun abboccamento diplomatico, può rivelarsi un pericoloso azzardo.
Tra Putin e Biden chi nega il dialogo
“Alcuni atteggiamenti di Putin e diverse infelici battute di Biden, in effetti, hanno creato un clima ostile al dialogo. Ma la cosa che lascia più perplessi, al di là dell’ottimismo di facciata, espresso da qualche commentatore “simpatizzante”, è la palese divaricazione di tattiche e strategie (e interessi) tra Stati Uniti ed Europa”.
La libera critica Usa guarda alla Cina
Recentemente, il famoso storico e politologo di Harvard, Niall Ferguson, ha pubblicato un articolo su “Bloomberg”, che ha avuto un impatto notevole sull’opinione pubblica americana. Nel pezzo si sosteneva la tesi che Biden non ha alcun interesse a fermare la guerra in Ucraina, che vuole far dissanguare la Russia e che intende utilizzare quel massacrante conflitto come monito per la Cina.
Se Pechino dovesse farsi venire strane idee per la testa, in riferimento a Taiwan, secondo Ferguson, quello che sta capitando a Putin in Ucraina potrebbe essere una salutare lezione anche per Xi Jinping.
“È la Cina – conclude lo storico di Harvard – il vero nemico degli Stati Uniti”. Come mai? Sistema istituzionale, Taiwan, modello sociale, cultura, modo di vivere… Metteteci pure dentro tutto quello che volete. Anche se, forse, l’unica risposta giusta, a primo colpo, è “bilancia commerciale”.
Bilancia commerciale Usa profondo rosso
Gli Usa sono in profondo rosso da una vita e, se non fanno qualcosa, i cinesi si compreranno anche la Statua della libertà. Quindi, è Terza guerra mondiale: mercantile, doganale, tariffaria, valutaria. Dove sono permessi anche i colpi bassi, sotto la cintura. Come quello che ha sferrato ieri Janet Yellen, Ministra del Tesoro Usa ed ex Presidente della Federal Reserve, una che di conti se ne intende. Specie quelli degli altri.
Bene, la Yellen ha “esortato” l’Occidente a bacchettare anche la Cina per quello che combina in campo economico. “Le democrazie sono troppo vulnerabili – riporta il “South China Morning Post” – ai Paesi che usano le loro posizioni di mercato come leva geopolitica”.
La Yellen ha chiesto all’Europa di coordinarsi contro la Cina, dopo essersi unita contro la Russia.
La paure americane
L’attacco della Ministra del Tesoro americana, durissimo come quello di un mese fa, ha toccato tutti i punti che “spaventano” Washington: posizione dominante di alcune linee delle catene di approvvigionamento globale, controllo delle cosiddette “terre rare”, aiuti di “debt relief” ai Paesi in via di sviluppo e, più in generale, strategie di penetrazione commerciale troppo aggressive. In sostanza, un grido d’allarme che conferma i sospetti di quanti pensano che i problemi più grossi, per Biden, non siano in Ucraina, ma in Asia.
Di Piero Orteca per
18 Maggio 2022
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Piero Orteca, giornalista, analista e studioso di politica estera, già visiting researcher dell’Università di Varsavia, borsista al St. Antony’s College di Oxford, ricercatore all’università di Maribor, Slovenia. Notista della Gazzetta del Sud responsabile di Osservatorio Internazionale