DI ENNIO REMONDINO
Troppi conti sbagliati su tutti i fronti. Putin e la guerra, occidente e suicidio sanzioni.
Se Putin, dopo mesi di proteste sull’espansioni Nato verso est e di diplomazia minacciosa avesse dato un altro po’ di armi al Donbass e avesse ritirato le sue armate dai confini ucraini, come molti speravano, avrebbe disarmato la Nato e squalificato l’amministrazione Usa assieme ai suoi potetti ucraini, amplificando la crepe politico economiche atlantiche e cementando la sua presenza in Europa.
Così non è stato e ora è Putin in difficoltà a «dare uno scopo alla Nato in crisi d’identità», l’analisi di Ugo Tramballi, firma storia dal Sole 24 Ore e analista Ispi. Mentre l’occidente confuso insiste sul suicidio sanzioni.
Tragico errore politico militare (favorito da chi?)
«Il nono allargamento della Nato dalla sua fondazione nel 1949, sarà ricordato come l’allargamento di Vladimir Putin”, scriveva qualche giorno fa sul Financial Times l’ex premier finlandese Alexander Stubb. Come il fallimento militare sui campi di battaglia, è il disastro geopolitico della guerra in Ucraina del presidente russo».
Il gigantesco ‘affare Difesa’
«All’inizio dell’anno l’adesione all’Alleanza Atlantica non era parte del dibattito nazionale in Svezia e Finlandia: ricchi, democratici e bene armati, i nordici vivevano una comoda neutralità che non impediva loro di avere stretti rapporti con la Nato. La Finlandia spende già il 2% del suo Pil per la Difesa, come richiesto a tutti gli alleati, e ha già acquistato 64 F-35, l’ultima generazione di caccia multiruolo Nato. Il tema dibattuto in Europa era piuttosto come “finlandizzare” l’Ucraina, come trasformarla in un paese neutrale per placare le minacce di Putin contro un allargamento Nato del quale gli alleati occidentali non discutevano da anni».
Ma contro minaccia alle frontiere
«Quello che ora sta per accadere è che Svezia e Finlandia saranno il 31° e il 32° paese dell’alleanza (la trentesima era stata la Macedonia del Nord, nel 2020); che nella UE le uniche nazioni a non esserne parte saranno Austria, Irlanda, Cipro e Malta; che con i 1.336 chilometri di frontiera finlandese, i confini della Russia con la Nato raddoppieranno; che San Pietroburgo, dove Putin è nato e ha iniziato la carriera politica, sarà a pochi chilometri dalla città di frontiera di Vyborg, oltre la quale c’è il “nemico”».
Nato e democrazia, memoria per distratti
«Era previsto che la richiesta di adesione di Svezia e Finlandia sarebbe stata avanzata al vertice Nato del 29 giugno, a Madrid. L’orribile comportamento di Putin e dei suoi soldati nella vicina Ucraina, ha spinto ad accelerare le procedure. I requisiti di democrazia, libero mercato e primato del potere civile sui militari, richiesti dall’Alleanza, sono più vaghi di quanto impone la Ue ai suoi membri. Nel 1949 tra i 12 fondatori c’era il Portogallo del dittatore Salazar; nel 1952 entrò la Turchia che sarebbe stata governata a lungo dai generali golpisti: oggi è di nuovo difficile definire democratico il regime di Recep Erdogan». Quesito sottinteso, ‘se non è la democrazia, cos’è che muove la nuova Guerra Fredda spinta molto/troppo vicino alla guerra totale?
Storico Usa senza sconti
«Parafrasando Henry James, lo storico della politica estera americana Michael Kimmage sostiene che la Nato sia “un mostro ingrassato e appesantito che si estende dall’America del Nord all’Europa Occidentale, dagli stati baltici alla Turchia”. Nel 1991, dopo la fine dell’Urss e la dissoluzione del Patto di Varsavia, venuta cioè meno la ragione per cui era nata, i paesi membri diventati 16, avevano incominciato a chiedersi a cosa dovesse servire la Nato. Bill Clinton aveva creato una “Partnership for Peace” Ma fu un surrogato, non un sostituto dell’Alleanza Atlantica, nel quale ci sarebbe stato posto per la Russia di Boris Eltsin, gli ex membri del Patto di Varsavia e i neutrali».
La Nato e il nemico necessario
«Non durò», sottolinea Tramballi per errori americani dall’amministrazione Clinton a quella successiva di George W. Bush, «piena di vecchi arnesi della Guerra Fredda che continuavano a vederla come un avversario dei vecchi tempi».
«Ma la ratio che i membri occidentali non trovavano, la offrirono gli europei orientali, liberati dal controllo sovietico ma ancora convinti che la Russia sarebbe tornata minacciosa. Da 1999 a oggi, con Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria per primi, 14 paesi dell’Est hanno chiesto e ottenuto di entrare nell’Alleanza».
«Alla ricerca di una ragion d’essere, la Nato sarebbe stata utilizzata in missioni militari dai discutibili risultati in Serbia, Libia, Afghanistan».
Nato ipertrofica e bulimica
«Vladimir Putin ha confermato le loro preoccupazioni, causando con le sue azioni la compattezza della Nato che americani ed europei faticavano a ritrovare». Ma gli errori tragici di Putin non cancellano i rischi interni a una Alleanza a 32 a rischia l’ipertrofia. Ricordando i quattro anni terrificanti di Donald Trump, che non è affatto uscito di scena, l’Unione Europea lavora a una “autonomia strategica”. Il concetto è ancora vago, non è chiaro come si armonizzerà con l’alleanza che già esiste».
Nato e UE associazione pletoricche e litigiose. «Prima che la pandemia e la guerra di Putin ci costringessero a pensarci uniti. L’opportunità non va sprecata: definirà la forza o la debolezza del mondo democratico in questa e nelle sfide future».
Altri analisti critici
Poi l’altro fronte, quello veramente primario per gli Stati Uniti, che cambia oceano. I guai atlantici in casa europea mentre la vera contesa e sul Pacifico con la Cina, come ci ha ricordato Piero Orteca nell’articolo precedente. Riferimenti cinesi anche su Limes dove Luca Caracciolo scrive sulla ‘strana coppia Cina-Russia, sfidanti dell’America’. «Fu infatti la sconfitta subìta nel 2014 con la perdita di Kiev a spingere Putin verso Xi Jinping. Il leader russo considerò quindi inutile aspirare all’integrazione nel sistema mondiale a guida americana. E optò per una quasi-alleanza con Pechino.
Fidanzamento d’interesse. Xi Jinping avrebbe potuto rifiutarlo. Ma alla fine decise di stringere l’intesa con Putin. Oggi forse se ne sta pentendo. Esponenti del regime lasciano filtrare il loro disappunto per la deludente prestazione russa in Ucraina, che inevitabilmente si riflette sulla Cina».
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18 Maggio 2022