DI BARBARA LEZZI
Tutti i quotidiani di oggi riportano l’ipotesi di un Draghi pronto alle dimissioni per mandare il Paese alle elezioni in ottobre.
Quest’eventualità prende forma dopo la strigliata che il Presidente del Consiglio ha fatto ai suoi ministri ai quali ha chiesto di agire in modo da far stare buoni i rispettivi partiti di riferimento.
E i ministri hanno assicurato al premier obbedienza cieca pur sapendo che il primo a non voler mollare la poltrona è proprio Draghi che aspira a diventare segretario generale della Nato e che, per riuscirci, gli conviene restare a capo del Governo.
Proprio sfruttando la sua sfrenata ambizione, i partiti di maggioranza potrebbero mettere a posto il Migliore tra i migliori facendogli presente che le riforme devono essere approvate dal Parlamento e non dai suoi dieci minuti di strapazzata in consiglio dei ministri.
Ma le cose non sono andate e non andranno così. Immagino i vari ministri, da Di Maio a Giorgetti, da Carfagna a Franceschini, da Brunetta a Cingolani passando per tutti gli altri che, di fronte all’ira draghiana, si guardano impauriti e si piegano al volere del re probabilmente strappandogli la concessione di poter lasciare liberi i leader di partito di blaterare sui media per distinguersi gli uni dagli altri fermandosi alle sole parole perché, nei fatti, voteranno le future fiducie al governo buoni buoni come il Migliore pretende.