DI ENNIO REMONDINO
Il ministro dell’Agricoltura dell’Ucraina Nikolay Solsky ha annunciato che «quest’anno ci aspettiamo un raccolto al 50% dello scorso anno». Salvo poi non riuscire a spedirlo al mondo affamato. A rischio anche il raccolto delle colture invernali, oltre ai cereali dello scorso anno bloccati nei magazzini: «Quest’estate sarà in gioco il destino di tre raccolti».
Per l’ambasciatore della Russia a Washington, riferisce Limes, «la sicurezza alimentare è stata messa a repentaglio da imprudenti passi macroeconomici dell’Occidente, amplificati dalle conseguenze della pandemia di Covid».
«I problemi erano emersi molto prima dell’inizio della “operazione militare speciale” della Russia».
Analisi coincidenti Limes Ispi
Previsioni e analisi. Forse la guerra guerreggiata rimarrà all’interno dei confini dell’Ucraina ma gli effetti del conflitto investiranno il mondo intero. «In particolare Africa e Medio Oriente, la cui esposizione cerealicola verso le produzioni euroasiatiche è pressoché totale. Non c’è più tempo materiale per ripristinare una solida catena logistica per esportare il raccolto estivo dell’Ucraina, “granaio d’Europa”».
I numeri della paura
Russia e Ucraina insieme esportano più di un quarto del grano mondiale. E la Russia sotto embargo ne ha bloccato l’export persino verso i vicini paesi dell’Unione economica euroasiatica (Bielorussia, Kazakistan, Russia, Armenia, Kirghizistan). Pessimi segnali sulla lunghezza temuta del conflitto. In più, la metà del grano che produceva l’Ucraina resta in casa, con i cereali mietuti lo scorso anno, immagazzinati nei silos del porto di Odessa, nei silos stracolmi che non sai più dove conservare il nuovo.
Più minacce oltre la fame
Rapporto ISPI di oggi, «La penuria globale di calorie, o addirittura locali carestie, potrebbero alimentare nuovi flussi migratori tra il sud e il nord del mondo, con particolare insistenza sul fronte del Mediterraneo. Se l’innalzamento del prezzo del pane fu la causa scatenante delle turbolente primavere arabe, cosa può accadere se la base del nutrimento non dovesse proprio esserci?»
La nuova geoeconomia
Ombre sul mondo ed Europa a perdere. «Se le due grandi potenze nucleari (Stati Uniti e Russia) sono autosufficienti sia sotto il profilo energetico sia sotto quello alimentare, l’Unione Europea non lo è in entrambi i casi». Tagliati i rifornimenti orientali l’’Europa si scalderà, produrrà energia e mangerà se Washington vorrà. Eppure, l’Unione Europea a 27 Paesi primeggia tra gli esportatori di prodotti alimentari con un valore che nel 2021 ha superato i 200 miliardi di euro (export extra-Ue), vale a dire un livello del 35% più alto rispetto a quello degli Stati Uniti. Terzo concorrente il Brasile con 83 miliardi di euro, la Cina segue più distaccata, a 68,3 miliardi mentre chiude la top-5 il Canada, con 56 miliardi di euro.
Cosa esporti e cosa mangi
«Al di là del valore assoluto, le principali differenze che insistono tra queste superpotenze agroalimentari riguardano la composizione dei prodotti esportati», segnala Denis Pantini nella sua analisi ISPI. Ma l’Italia, dei 50,1 miliardi di euro raggiunti nel 2021, ben l’83% si riferisce a prodotti trasformati, con un deficit pauroso delle materie prime agricole. Poi ha colpito la pandemia e ora la guerra che ha il fronte energetico alimentare come sua prima linea. «Con lo scoppio del conflitto russo-ucraino, molte criticità che erano emerse già da fine 2020 come l’inflazione delle commodities energetiche e dei trasporti o i colli di bottiglia nelle catene di approvvigionamento si sono esacerbate».
Il peso di Russia e Ucraina
L’Italia a rischio grave sul fronte energetico, nonostante l’illusione di vicine alternative al gas russo, ma non altrettanto, e per fortuna, di fronte agricolo alimentare, salvoi rincaro dei prezzi che già sta colpendo anche per speculazione. Ma se per l’Italia Russia ed Ucraina non hanno un ruolo di fornitore strategico, ci sono invece molti altri Stati (in particolare africani e asiatici) che dipendono in maniera quasi esclusiva dalle loro esportazioni, in particolare di cereali. Eritrea, Armenia, Mongolia, Azerbaijan, Georgia e Somalia acquistano dai due Paesi in guerra oltre il 90% delle proprie importazioni di grano, così come Turchia ed Egitto dipendono dagli stessi per oltre il 70% del grano destinato al loro consumo interno.
Considerando che molte delle rivolte sociali scoppiate in questi anni nei Paesi in via di sviluppo sono partite dai rincari nei prezzi alimentari di prima necessità, diventa sempre più comprensibile la richiesta impellente della FAO e dei governi europei di sbloccare i 20 milioni di tonnellate di cereali ucraini fermi nei porti del Mar Nero a causa della guerra.
Da:
20 Maggio 2022