PARLARE DI BERLINGUER MA NON AVERCI CAPITO NIENTE: ALESSANDRO DE ANGELIS

DI GIOACCHINO MUSUMECI

 

Alessandro de Angelis, firma incolore dell’Huff Post, scrive di Berlinguer “storia di uno sconfitto”, sancendo, a sua insaputa, la sconfitta del giornalismo e il trionfo del divino ignorante.
Il povero de Angelis, rivestito di americanismo frustrato dall’ostica e imprevista consapevolezza popolare italiana, sostiene che Berlinguer “non riuscì a riformare democraticamente il comunismo”.
Nulla di più falso e inappropriato: Berlinguer fu un riformatore nel contesto di un’ ampia crisi politica trasversale. Riforme democratiche sarebbero state opportune in altre case politiche ampiamente scollate dai principi costituzionali che ne avrebbero dovuto guidare spirito, organizzazione e azione.
Il PCI di Berlinguer, proprio per il riformismo su cui fondava le proprie idee, fu osteggiato dalla partitocrazia tentacolare che aveva già allora lottizzato l’informazione, invaso le istituzioni e i centri di potere in tutto lo Stato.
Se Berlinguer esistesse oggi, sarebbe bollato come populista da quella fiumana di serpenti che occupano vertici istituzionali pubblici e decidono chi occupi quelli privati con l’intento di rafforzare quando non restaurare, proprio come oggi, la gerarchia corrotta contro cui Berlinguer si proponeva di combattere.
Berlinguer aveva compreso dai segnali di allora, cosa sarebbe accaduto nell’Italia futura.
Fu questa una delle ragioni per cui il PCI non andò mai al potere. E fu la comunità di vedute tra Berlinguer e Aldo Moro forse a decretare la fine del più importante processo di evoluzione politica positiva che l’Italia abbia visto.
Questo nonostante il flagello di attentati terroristici destabilizzanti e tesi a frantumare le prospettive di dialogo tra leaders rivoluzionari mai rinati.
De Angelis avrebbe necessità di leggere l’intervista che Berlinguer, durante il mandato di segretario del PCI, rilasciò a Eugenio Scalfari. La firmetta dell’ Huff Post ne trarrebbe un doppio beneficio: capirebbe finalmente che il giornalismo professionale occupa un piano ben superiore a quello dello suo sciatto opinionismo confuso.
Altrettanto importante è la lezione politica che De Angelis ne trarrebbe: Berlinguer, dotato di una visione politica rinnovatrice e progressista se non premonitrice, individuò meticolosamente la schizofrenia dell’elettorato Italiano dell’epoca che come quello di oggi, pur conscio dell’opera disastrosa prodotta da forze politiche convenzionali, teme il cambiamento come la peste e si rassegna al peggio possibile.
Berlinguer dunque non fu mai sconfitto, sconfitta è la Democrazia di cui l’elettorato balbuziente e la classe dirigente tra l’arrogante e l’infame non possono elencare i principi se non distorcendoli a proprio uso e consumo. Restiamo quindi in attesa del risveglio della coscienza popolare capace di riscrivere il proprio destino oltre squalificare il giornalismo della vergogna.
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