DI MICHELE PIRAS
Dunque pare che qualcuno alla fine abbia scoperto il segreto per garantirsi l’assunzione di un lavoratore.
Pagarlo.
Pagarlo il giusto.
Che poi doveva essere davvero ben nascosto, più o meno come quello di Pulcinella, se alcuni imprenditori non l’avevano capito.
E quindi anche quest’anno abbiamo assistito alla leziosa e insopportabile carrellata di lamentele e interviste sull’etica del lavoro, sulle preziose fasi di apprendistato che dovrebbero essere vissute con riconoscenza e possibilmente senza retribuzione.
Sui giovani che non hanno più voglia di lavorare, senza mai completare la frase e soffermarsi sul fatto che non hanno voglia di lavorare a condizioni da fame e sfruttamento.
E sono gli stessi che non vogliono il reddito di cittadinanza, perché disincentiverebbe il lavoro, ma soprattutto perché li costringe a tirar su il prezzo.
Gente che fattura milioni, paga le tasse all’estero, pontifica qui da noi e trascorre notti insonni per 500 o 600 euro in più.
Gente con le spalle da sempre coperte che impartisce lezioni non richieste dall’alto della sua condizione di vita ovattata.
La verità è che in Italia esiste una questione salariale e sociale dirompente.
Che ai lavoratori e alle lavoratrici è stato tolto tutto.
Che ai dovrà urgentemente parlare di salario minimo e per i piccoli e piccolissimi imprenditori, quelli che ne hanno davvero bisogno, ridurre le tasse sul lavoro.
Tutto il resto è solo una danza offensiva della dignità delle persone, che mortifica sogni e professionalità, percorsi di studio, impegno e dedizione al lavoro.
Su la testa, che è ora di finirla.
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