LA PACE E’ DI TUTTI

DA REDAZIONE

 

Prima la Crimea, che con un referendum popolare, a dire il vero non del tutto trasparente, aveva espresso la volontà di tornare sotto la sovranità di Mosca. Non passa molto tempo che nel Donbass, dopo una serie di sommosse civili che provocano migliaia di morti, le province di Donetsk e Lugansk si autoproclamano repubbliche indipendenti. Poi la richiesta dell’Ucraina di entrare nell’Unione Europea che desta le preoccupazioni della Russia per i nuovi equilibri economici e commerciali che si verrebbero a determinare sui mercati internazionali. Come se non bastasse, Zelensky vi aggiunge la prospettiva di entrare a far parte del Patto Atlantico, uno scenario inaccettabile per Putin che non vuole ritrovarsi gli americani sulla porta di casa, al punto tale che provoca l’inaccettabile reazione di invadere militarmente l’Ucraina. Ed è guerra.
Ne deriva la distruzione di alcune città, l’esodo di donne e bambini separati dai loro uomini costretti a restare in armi. Ma soprattutto morti a non finire, civili compresi, tra cui molti bambini. A questo punto si mobilità la comunità internazionale che manifesta completo favore politico all’Ucraina e l’invio di armi per fronteggiare la prepotenza di Putin. Nel contempo si danno da fare alcune diplomazie per tentare un cessate il fuoco e conseguente apertura di un negoziato di pace. “Ma sarà l’Ucraina e non altri a decidere quale pace accettare” si sbracciano a dire i leader europei impegnati nella controversia.

Ma può essere il solo Zelensky a decidere di come e di cosa trattare affinché questa guerra abbia fine?

Sia chiaro, nessuno vuol ledere il diritto all’autodeterminazione di uno Stato sovrano, ma neanche si può negare che tra Putin e Zelensky si stia giocando una partita che va molto al di là di uno scontro tra due Stati. Per cui, se è vero com’è vero che in gioco c’è un nuovo ordine mondiale e si stanno toccando gli interessi di mezzo pianeta, allora le decisioni vanno prese in concerto con tutti i paesi più o meno coinvolti nel conflitto. Che poi l’Ucraina debba avere un peso speciale nell’eventuale negoziato con Putin non c’è dubbio, ma è anche vero che non può essere l’unico soggetto in assoluto a decidere sulla questione. 

È sufficiente pensare alle implicazioni di carattere economico che la guerra sta determinando in molti paesi per conferire a questi il diritto ad essere interpellati in proposito. Le sanzioni applicate alla Russia, infatti, si stanno ripercuotendo sull’Europa intera, inquietano il futuro commerciale della Cina, preoccupano le relazioni dei paesi confinanti e c’è il rischio di affamare molte popolazioni del Nord Africa e del Medio Oriente per il mancato approvvigionamento del grano, essendo Russia e Ucraina i produttori di un terzo delle esportazioni mondiali di cereali. La globalizzazione è anche questo.

Poi c’è l’invio di armi europee e americane per fronteggiare l’invasione russa, che già di per sé darebbe ai fornitori la facoltà di metter bocca sulle strategie difensive e potenzialmente offensive delle forze armate ucraine. E che dire dell’accoglienza dei profughi, che per quando doverosa, introduce nelle nazioni ospitanti problematiche aggiuntive e non previste.

Com’è noto, il voler far parte dell’Unione Europea presuppone l’osservanza di regole condivise e, inevitabilmente, vincoli e limitazioni su determinare questioni, quindi, se è nei fatti che quanto sta accadendo oggi in Ucraina avrà ricadute sul sistema economico, finanziario e sociale europeo, Zelensky ha l’obbligo di tener conto del parere dei suoi potenziali partner, perché mai come in questa circostanza condividere il futuro presuppone decidere insieme sul presente.

La stessa cosa vale per la NATO, laddove il concetto di cooperazione militare, sia pur improntato alla sola difesa, non può essere deciso in solitudine, visto che in caso di necessità si dovrebbero mobilitare, per poi intervenire direttamente, eserciti e diplomazie. Inoltre, in ragione della scellerata invasione voluta da Putin, l’Ucraina sta subendo la distruzione di intere città e quando gli eserciti deporranno le armi, il paese si ritroverà a ricostruire case, scuole, ospedali, fabbriche, uffici pubblici, aeroporti, reti stradali e ferroviarie. E anche in fretta. Al momento il costo stimato per la ricostruzione ammonta a oltre 600 miliardi di euro. Qualcuno sostiene che a risarcire i danni dovrà essere la Russia. Sarebbe giusto, ma lo farà? Dubitare è lecito. Ma anche se questo dovesse avvenire, sarà oggetto di risoluzioni derivanti da lunghe e dibattute controversie. È credibile, pertanto, che sarà l’Unione Europea a dover dare un cospicuo contributo per rimettere in sesto l’Ucraina, denaro che poteva essere impiegato per ben altre necessità degli europei, già in difficoltà per i due anni di pandemia.

Ma non è tutto. La comunità internazionale sta vivendo giornate di ansia per il timore di un utilizzo di armi non convenzionali ovvero di un incidente nucleare che potrebbe dare una svolta tragica alla nostra esistenza. Inutile girarci intorno, il rischio c’è ed è concreto. E più dura e lunga sarà la guerra, più il pericolo aumenta. Perciò è interesse di tutti fermarla il prima possibile in un contesto decisionale che non può essere lasciato al solo Zelensky.

Di Mimo Mirarchi

01 Giugno 2022

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