DI LEONARDO CECCHI
Per quattro anni Matteo Vinci e la sua famiglia vissero di tutto. Vennero pestati a sangue, minacciati, intimiditi. Al padre infilarono persino un’ascia in bocca, spaccandogli tutti i denti e la mandibola.
Per quattro anni, l’inferno. Il motivo era che non volevano cedere all’ennesima richiesta della famiglia ndranghetista Mancuso, loro vicina di casa: cedere un fazzoletto di terra di 50mq. I Mancuso avevano infatti sottratto loro altra terra, negli anni. E quei 50 mq erano un punto d’onore, il coronamento di una rapina totale.
Dal 2014 si opposero strenuamente. E pagarono quei no in ogni modo possibile. Denunciarono tutto, sempre e comunque. Ma lo Stato non diede mai protezione o vero aiuto.
Il risultato arrivò nel 2018, quando i Mancuso misero una bomba sotto la macchina di Matteo Vinci, biologo. Morì sul colpo, mentre il padre rimase ustionato. Fu l’apice di una violenza perpetrata per anni. Fu il risultato di uno Stato assente.
E oggi, oggi che nasceva Matteo, voglio ricordare proprio questo: le colpe dello Stato. Che nel 2018 hanno portato alla morte Matteo, mentre in tante, troppe altre occasioni altre vittime. Lo Stato che latita, che ignora, che non agisce tempestivamente nonostante abbia il tempo per farlo.