BIDEN A FORZA DI SMENTIRSI, FIRMA UN ARTICOLO SUL NYT IN CUI SI “INTERPRETA”

DA REDAZIONE

 

Il contro-contrordine è di ieri: gli Usa forniranno all’Ucraina non già il sistema a lunga gittata Mlrs (Multiple Launch Rocket System) annunciato e disannunciato nell’arco di poche ore, ma quello a media gittata (e ad alta precisione) Himars (High Mobility Artillery Rocket System). Che poi è quanto Zelensky chiedeva fin dall’inizio: unità mobili capaci di sparare simultaneamente 6 razzi a guida Gps, che hanno bisogno di minima “manovalanza” e appena un minuto per la “ricarica”.
«Benzina sul fuoco», ha commentato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, evocando poi con una perifrasi il concetto di guerra americana per procura: «La loro linea resta quella di combattere la Russia fino all’ultimo ucraino».

Quasi da scherzo se non fosse dramma

Beh, questa volta il buco era talmente largo che la solita pezza non bastava più. Così è dovuto scendere in campo persino il New York Times. Si, perché le smentite o le frenetiche correzioni “interpretative” degli sherpa, proprio non bastavano più. Il prestigioso quotidiano, ha fatto da Croce Rossa, “ospitando” (in modo inconsueto) un intervento chiarificatore dello stesso Presidente. Dunque, sotto il titolo “Cosa farà e non farà l’America in Ucraina” (che, senza mancare di rispetto a nessuno, sembra il manuale delle Giovani marmotte) Biden firma il suo intervento. Che, letto e riletto, offre sempre lo stesso senso di ambiguità. Anzi, di confusione, che poi è giusto quello che gli volevano evitare i suoi amici del NYT.

Di cosa si tratta

Gli Stati Uniti forniranno all’Ucraina sistemi missilistici avanzati “Himars”. Armi “pesanti”, che fanno molto male, arrivano lontano e che, oltre a essere abbastanza precise, “saturano” gli obiettivi. Cioè piovono massicciamente sui bersagli e fanno terra bruciata. Sono micidiali armi d’attacco e rappresentano un’escalation non indifferente nel “risiko” in cui sembra essersi imbarcata la Casa Bianca.

Decision making process

Sappiamo già che commentatori e analisti, anche universalmente apprezzati, la pensano in modo diverso gli uni dagli altri. A volte, addirittura in maniera diametralmente opposta. Quello, però, che a noi preme di più è il “metodo” o, per dirla più accademicamente, il “decision making process”. Chi decide che cosa? Fino a quanto e fino a quando? E siamo al nostro solito appunto, ormai diventato un “mantra”: si continua a mischiare, disinvoltamente, la tattica col pensiero strategico, scambiando l’una con l’altro.

I missili per colpire la Russia

Appena un paio di giorni fa, Biden aveva “gelato” Zelensky, dichiarando che “non avrebbe mai dato all’Ucraina missili che avrebbero potuto colpire la Russia”. In 48 ore s’è rimangiato tutto. O, meglio, la lobby “pro-long-war” (che esiste) dentro il Consiglio per la Sicurezza nazionale Usa, gli ha fatto rimangiare tutto. Come se niente fosse. Però, questa volta, il giro di valzer è stato veramente clamoroso. Perché si somma a tutte le altre gaffes, che hanno reso “famoso” il Presidente e che assieme ai mezzi disastri, in economia, lo hanno fatto sprofondare nei sondaggi.

Quali armi e per cosa?

Per noi, il problema cruciale non è “quello che manda Biden” in Ucraina. Ma “per che cosa” lo manda. Cioè, sa fino a dove può arrivare o fino a dove vuole arrivare? O tutto questo dipende da Putin e da Zelensky. E lui va al traino, assieme a tutti noi? Bene, facciamolo dire a Biden, perché lo scrive nel suo articolo apparso sul NYT.

«Continueremo a fornire all’Ucraina armi avanzate, tra cui missili anticarro e antiaerei, potenti sistemi di artiglieria, razzi di precisione, radar, veicoli aerei senza pilota, elicotteri M-17 e munizioni. Invieremo anche altri miliardi di assistenza finanziaria… Non farò pressioni sul governo ucraino – in privato o in pubblico – affinché faccia concessioni territoriali. Sarebbe sbagliato e contrario a principi ben definiti farlo… Se la Russia non paga un prezzo pesante per le sue azioni, invierà un messaggio ad altri aspiranti aggressori, anche loro possono impadronirsi del territorio e soggiogare altri Paesi».

Traduzione politica

In sostanza, senza tema di smentita, il Presidente ribadisce tre “key-points” della visione “strategica” americana in Ucraina:
1) continuare indefinitamente a inviare armi e finanziamenti senza (almeno per ora) porre alcun limite di quantità di tempo
2) non interferire in alcun modo nelle eventuali trattative diplomatiche, in cui l’ultima parola spetta solo ed esclusivamente al governo di Kiev;
3) vedere la guerra come “dissanguamento” della Russia e monito per la Cina. Un’azione di deterrenza per scoraggiare la possibile invasione di Taiwan.

Confusione e bugie

Nel resto del suo intervento, il Presidente torna a sottolineare quello che già aveva cercato di ribadire in precedenza, dopo i passati scivoloni, senza però convincere nessuno. E cioè, che non cerca cambi di regime a Mosca, che le prospettive devono essere diplomatiche, ma la guerra sarà lunga e che, in ogni caso, decidono gli ucraini, quello che è meglio per loro. L’escalation della tecnologia militare, che gli Usa stanno seguendo? Niente paura, dice Biden. «I missili che abbiamo mandato non possono arrivare in Russia». Non è vero. Come tante altre cose che ha detto.

Advanced rockets

Lo confermano, al New York Times, gli stessi funzionari della Casa Bianca, nell’articolo di Michael Shear “US to send Ukraine 700 billion dollars in military aid. Including advanced rockets”. Gli anonimi “officers” hanno ammesso che i missili di Biden, se sparati da una certa distanza, “possono arrivare in Russia”. Ma che gli ucraini “si sono impegnati a non farlo” e il Presidente crede alla loro promessa. Beh, che dire. Questo secondo “chiarimento”, che arriva dopo il primo (l’improvviso articolo di Biden) e che si sovrappone, di sghimbescio, al precedente “no ai missili”, fa venire i sudori freddi.

“Da un lato c’è un autocrate furioso, in pieno delirio di onnipotenza. Dall’altro c’è un quasi ottuagenario, che riesce ad avere torto anche quando ha ragione. E in mezzo ci siamo noi”.

Di Piero Orteca

Da:

2 Giugno 2022

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PIERO ORTECA

Piero Orteca, giornalista, analista e studioso di politica estera, già visiting researcher dell’Università di Varsavia, borsista al St. Antony’s College di Oxford, ricercatore all’università di Maribor, Slovenia. Notista della Gazzetta del Sud responsabile di Osservatorio Internazionale