DI ENNIO REMONDINO
Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha dichiarato che la sua controparte ucraina Volodymyr Zelensky «non ha voluto ascoltare» l’allarme di Washington sull’imminente invasione russa. Il governo di Kiev ha risposto piccato, chiedendo «chiarimenti» sulla frase di Biden e rigirando l’accusa: «sono stati gli americani a non ascoltarci quando chiedevamo sanzioni per prevenire l’aggressione».
Le colpe quando una guerra è persa
“Quella fra Washington e Kiev non è una diatriba storiografica. Litigando su com’è andata i giorni precedenti il 24 febbraio, in realtà parlano di oggi. E di domani. Lo screzio fra le due capitali non è isolato”.
Conti da fare anche in casa Nato
«Gli ucraini chiedono armamenti più numerosi e migliori perché stanno perdendo fino a 200 soldati al giorno, stanno finendo le munizioni e stanno arretrando», avverte Giacomo Mariotto su Limes. «Pur rallentando moltissimo l’avanzata del nemico (vedi come si sono nuovamente asserragliati in uno stabilimento industriale, stavolta nell’impianto chimico di Azot a Severodonec’k), potrebbero perdere l’intera oblast’ di Luhans’k nel giro di poche settimane».
Americani allo scoperto
Dal canto loro, gli americani –Biden in forti difficoltà elettorali- vogliono avere maggiore controllo sulla conduzione della guerra e lamentano la segretezza degli ucraini in tal senso. «Non hanno firmato un assegno in bianco a Kiev: hanno sì interesse a logorare la Russia, ma non intendono sborsare le enormi somme di denaro stanziate in primavera (i 40 miliardi di dollari bastano per cinque mesi), tengono conto della diffusa fatica di guerra in Europa e non possono rischiare che un’ulteriore escalation ucraina li distolga dal fronte indo-pacifico e dal fronte interno».
Verso l’apertura di vere trattative
La cronaca di questi primi segnali pubblici di divergenze di interessi tra Washington e Kiev, ispira una analisi non dichiarata. «Gli Stati Uniti, come sempre fatto finora, adegueranno l’aiuto bellico agli ucraini a seconda dell’andamento sul campo, per provare a impedire il collasso delle loro difese. Ma gli screzi suggeriscono pressioni americane più o meno informali su Kiev per tracciare un limite oltre il quale riaprire i negoziati».
L’espansione Nato frena
La Finlandia rifiuta l’adesione alla Nato senza la Svezia, avverte l’ANSA. «Helsinki non entrerà a far parte dell’Alleanza se i problemi che Stoccolma ha con la Turchia dovessero comportare il rinvio dell’adesione proprio della Svezia». Lo ha affermato il presidente finlandese Sauli Niinisto alla conferenza stampa con il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg. «Il caso della Svezia è anche nostro. Ciò significa che andiamo di pari passo».
Crisi alimentare alle porte
La Russia non è intenzionata a passare come unica colpevole della crisi alimentare che ben presto investirà il mondo. Anzi, cerca di sfruttare l’imminente e ormai inevitabile emergenza per costringere le cancellerie occidentali a ridurre la pressione sanzionatoria contro i politici, gli oligarchi e le aziende russe. In caso contrario, l’Occidente diverrebbe per Mosca corresponsabile delle carestie, sottolinea Mirko Mussetti.
L’opportunista Erdogan
«E il presidente Recep Tayyip Erdoğan ammette implicitamente di puntare a un diritto di prelazione del grano ucraino e a uno sconto sulle derrate alimentari. Contribuire a decidere chi siano i paesi terzi di destinazione del prezioso cereale accresce ulteriormente il già elevato potere negoziale/ricattatorio della Sublime Porta».
Scholz in Serbia
Il cancelliere tedesco in missione diplomatica nei Balcani. In Serbia ha dichiarato che le sanzioni contro la Russia dovrebbero essere «sostenute anche dai candidati all’adesione all’Unione Europea», fra cui c’è Belgrado. In risposta, il presidente serbo Aleksandar Vučić ha chiesto retoricamente: «Qual è la differenza tra attaccare la Serbia senza una decisione del Consiglio di sicurezza dell’Onu e aggredire l’Ucraina senza una decisione del Consiglio di sicurezza dell’Onu? Per favore, mi spieghi la differenza». Una forzatura con qualche margine di ragione storica.