LA PIZZA, STORIA DI UN POPOLO

DI VINCENZO G. PALIOTTI

 

Anche questa è pubblicità, cioè dicendo assurdità, come mettere il parmigiano sugli spaghetti alle vongole. Ma, si sa, se lo dice Briatore diventa una “moda”, nel mondo dei VIP, degli INN che pur di appartenere a quella “categoria” di privilegiati, ma forse dire di coloro che si sentono superiori, accettano di tutto.

E quelli che abboccano si sentono di guardare dall’alto in basso chi la pizza la va a mangiare, per esempio, nella pizzeria storica di Napoli “Trianon”, nel cuore della vecchia Napoli, dove ancora ti danno una pizza delle dimensioni giuste a saziarti.

No, perché la pizza è nata per questo, per saziare con poca spesa, per chi aveva, ed ha tutt’oggi, poche possibilità sicuri che con quel poco si risolve il problema del pasto, con piacere e soddisfatti.

Ora Briatore, che è uno “chic”, uno abituato a caviale, salmone, e tante altre pietanze che, a mia memoria, non ricordo di aver conosciuto da ragazzo, ebbene Briatore non contento di servirsi del cibo da “snob”, da “VIP”, quale egli è, vuole sottrarre a noi, “comuni mortali” qualcosa che ci appartiene, qualcosa che mentre i Briatore e co. si abbuffavano noi ci accontentavamo di sbarcare il lunario con questa: la pizza. Magari quella marinara che costa ancora di meno della Margherita, fatta di olio, pomodoro, origano e aglio, risparmiando così la mozzarella.

Briatore non sa che dietro la pizza, per noi napoletani, c’è tutta una poesia. C’è il ricordo delle mattinate fredde, anche a Napoli ci sono, quando prima di entrare a scuola noi poveri mortali, invece del cappuccino e brioche facevamo colazione con la pizza marinara, presa magari, per chi andava a scuola come me da quelle parti, alla pizzeria sotto Port’Alba. La si pagava 50 lire, la si piegava in quattro, a “portafoglio” e quella fungeva da colazione ma anche da pranzo. Oppure alla Pizzeria delle Figliole, per gustare la pizza fritta, fatta più o meno con lo stesso impasto di quella cotta al forno, prodotto che per ora Briatore ha tralasciato, anche questa parte della cultura gastronomica di Napoli.

E quante volte, in famiglia, con la mamma un po’ stanca di ricorreva alla pizza? Quando poi la mamma poteva la faceva lei stessa a casa. E un semplice pasto diventava una festa.

Con tutto questo da ricordare arriva costui e parla di Pizza con il Pata Negro (è un tipo di prosciutto crudo spagnolo ottenuto dai maiali appunto di razza pata negra), parla di 60 euro e più a pizza, quanto una bistecca, o quanto spendono più persone al Trianon, birre comprese.

Lui è padrone di fare quello che vuole ma lasci stare la tradizione, la poesia, i ricordi tentando di vendere un prodotto che con tutto questo non ha niente in comune trasformandolo da prodotto di largo consumo a privilegio destinato solo alla sua “schiatta”. Conoscendo il “soggetto” è pure probabile che lo faccia con il disprezzo con il quale ha sempre parlato di chi non si è arricchito come lui.

E soprattutto non faccia paragoni o quale sia la migliore perché perderebbe scontrandosi con la storia e i sentimenti di un popolo.