DI MICHELE PIRAS
Il prezzo maggiore della guerra di Putin lo stanno pagando le genti delle periferie, geografiche, etniche, religiose ed economiche dell’Impero neo zarista.
Lo confermano i numeri, come in ogni guerra, ovunque combattuta e in qualsiasi periodo storico, il principale tributo di sangue, quello della truppa, quello del soldato semplice, quello della carne da cannone, lo pagano gli ultimi e i penultimi.
Reclutati per forza e per fame.
Spediti a migliaia di kilometri, in terre sconosciute, per ragioni che a loro non appartengono né mai apparterranno, a morir trucidati.
Come i pastori sardi e i contadini meridionali sulla linea del fronte e nelle trincee della prima guerra mondiale, comandati da graduati piemontesi, gonfi di alcol e retorica sabauda.
Come nelle guerre dei romani o dell’Impero britannico.
Dietro i vessilli e il fanatismo della Patria e della Nazione solo storie di vite e fatica quotidiana, sepolte senza nome, dimenticate sul filo spinato, sradicate dalla terra e tradite.
Come in ogni schifosissima guerra, a pagare il prezzo, fra i soldati e fra i civili è sempre chi con quella guerra non c’entra nulla, perché non ci guadagna niente e perde tutto, perché non l’ha decisa, perché la guerra è una montagna di merda.
E c’è sempre una grande differenza, fra chi la scatena e chi la subisce.
