DI BARBARA LEZZI
Ce l’avevano raccontata molto diversa. Ricordo un’intervista in cui Renzi raccontava che, durante i consigli europei, i capi di Stato e di Governo prendevano appunti mentre parlava Draghi.
Sono così rapiti dal verbo dell’ex banchiere tanto che, in questi giorni di summit europeo, son bastati i soliti falchi del Nord (Olanda e Danimarca in primis) e il silenzio complice e interessato della Germania, per mandarlo a casa senza neppure un appuntamento in luglio, come ha provato a chiedere, per discutere sul tetto al prezzo del gas. Ci si rivede in ottobre, quando potrebbe essere ormai troppo tardi.
I cosiddetti paesi frugali ostacolano questo passaggio anche per impedire che si riapra lo stesso scenario della pandemia in cui l’Europa pareva andare in una direzione più ragionevole con l’istituzione di quel fondo comune che ha reso possibile il piano da 200 miliardi.
In sintesi, si allontana l’ipotesi di un recovery di guerra così come lo stesso Draghi e la sua band avevano dato per cosa fatta già dallo scorso maggio.
Quindi, l’Europa ci chiede compattezza nell’invio di armi, nel comminare sanzioni e nell’irrigidire sempre di più i rapporti con la Federazione Russa ma abbandona un Paese come l’Italia che sta pagando e pagherà ancora a carissimo prezzo questa strategia di guerra.
Continuo a chiedere, senza avere risposta, fino a che punto si intende spingere il limite di sopportazione di famiglie e imprese soffocate dai rincari. E mi chiedo se non sia il momento per il governo e la maggioranza, alla luce dei risultati, di rivalutare la loro pretesa di proseguire sulla strada indicata dagli USA.
Questo rovinoso fallimento di Draghi non può far piacere a nessuno, neanche a me che l’ho sempre contrastato perché a pagarne il prezzo, sempre più salato, è tutto il Paese a partire dalla parte più fragile.