JOHNSON, DELL’ALA DURA NATO IN UCRAINA, PERDE LA GUERRA ELETTORALE IN CASA

DI PIERO ORTECA

 

Elezioni suppletive nel Regno Unito: sconfitta per Johnson ai seggi di Wakefield, di Tiverton e Honiton, già feudi conservatori. In seguito ai risultati elettorali, il presidente del Partito ha rassegnato le dimissioni. “Qualcuno deve assumersi la responsabilità e non sarebbe giusto che io rimanessi in carica”. Boris Johnson, il vero sconfitto, non condivide un analogo senso di responsabilità. Fin che dura.

Ora l’appuntamento è BorisExit

La scoppola è stata forte, ma inevitabile, visto com’è stato ridotto il Paese. I Conservatori inglesi hanno perso un “doppio” di elezioni suppletive di mala maniera. Tutti collegi nei quali erano altezzosamente “incumbent” (uscenti) e che speravano di riconquistare, senza però avere fatto i conti, prima, con gli elettori. Che, infatti, li hanno rispediti a casa senza appello. Dunque, dice la BBC, a Tiverton e Honiton, nel Devon orientale, i Liberaldemocratici hanno capovolto la situazione, sconfiggendo i Tories e riuscendo a portargli via la bellezza di 25 mila voti di vantaggio, aggiungendone altri 6 mila. I leader locali hanno festeggiato la vittoria iconograficamente. Hanno costruito una parete di cartapesta e in mezzo vi hanno piazzato una grande entrata (ma sarebbe meglio dire, uscita) blu, accompagnata dallo slogan: “E’ tempo di mostrare a Boris (Johnson) la porta di casa”. Insomma, “Vattene”.

Capolavoro a perdere

E la sconfitta di Tiverton, scrive affibbiando rasoiate The Guardian, è un vero “capolavoro” (al contrario, è ovvio) di Johnson, capace di perdere in un posto dove i conservatori vincevano da cent’anni. Né meglio è andata, per i Tories, nel West Yorkshire (a Wakefield), dove il Financial Times scrive che “i laburisti hanno battuto i rivali conservatori, con un trasferimento di consensi significativo (5 mila voti)”. Poco tempo fa, Boris Johnson era riuscito per un pelo a salvare il suo governo da un voto di sfiducia. Ora, invece, la situazione politica si va facendo daccapo insostenibile e dentro lo stesso Partito conservatore si alzano le barricate. Indubbiamente, l’acre odore di sconfitta elettorale, che accomuna tutti i leader occidentali (non occorre essere politologi per capire il perché) si è diffuso da un pezzo, anche nei corridoi di Westminster. E, si sa, quando la nave affonda, i primi a scappare sono… beh, diciamo quelli che ancora vogliono restare a galla. In fondo, tutto il mondo è paese.

Si salvi chi può

Ieri, ha cominciato ad abbandonare il traballante caicco conservatore il Presidente del Partito, Oliver Dowden. Il Premier no. Lui è tutto preso dai suoi sacri furori bellici e, piegato sulle mappe militari con i suoi generali, pare si sia completamente dimenticato di quanto corra l’inflazione, dalle parti di Buckingham Palace. D’altro canto sono problemi che riguardano “il popolaccio schiumoso e lobotomizzato” (dice lui). Ma, forse, Johnson ha scambiato il tempo della Regina Elisabetta II per quello di Giorgio III. Addirittura, nei corridoi della diplomazia parallela, si sussurra che “Zio Boris”, sia pronto a tutto, anche alla Terza guerra mondiale, per dimostrare che è “più atlantico” degli odiati europei, che ha scacciato con la Brexit e che gli vogliono fare le scarpe in Irlanda del Nord. Quindi, se c’è uno di cui Biden si dovrebbe fidare, in definitiva, sarebbe lui. Sempre pronto ad assumere atteggiamenti “goniometrici” verso Washington, quando gli altri leader, da Scholz, a Macron, a Draghi, invece, cercano di ragionare. Provando a trovare la “terza via della pace”, che salvi l’Ucraina e non faccia uscire l’Europa (e il resto del pianeta) con tutte le ossa rotte.

Ignorance is the mother of presumption

Comunque, come dicevamo, nonostante Johnson si ritenga una via di mezzo tra Chamberlain, Churchill e Anthony Eden, con una spruzzata di Pitt il giovane e Disraeli, la verità è che sta messo veramente male. Ha scansato per il rotto della cuffia lo scandalo “Partygate” (i festini a Downing Street in pieno lockdown), ma adesso lo tsunami finanziario, con l’inflazione che, nel Regno Unito, avanza come un bulldozer in discesa al quale si siano rotti i freni, lo stenderà senza pietà e senza appello. Anche lui, come tanti capi e capetti, che hanno scoperto il fascino della geopolitica solo durante i week-end, finirà per sbattere la faccia su un muro di calcestruzzo. Messo di fronte all’evidenza, il premier ha dovuto prendere atto dei suoi fallimenti politici. Cercando però di mascherarli, con la solita retorica del “rispetto democratico”, che ascolta gli elettori. Ma poi fa puntualmente il contrario.

Monti Virunga per i migranti

Questo nobile personaggio, portato a “esempio” dei valori più autentici della persona, parlava dal Ruanda, cioè dal Paese africano, che sorge intorno ai Monti Virunga, dove l’Inghilterra del Terzo millennio deporta i migranti. E chi vuole fare finta di non sapere, per salvare il sacro ricordo della Magna Charta, si giri dall’altro lato. “Come governo devo ascoltare ciò che la gente sta dicendo – ha detto Johnson, e riporta FT – in particolare le difficoltà che le persone stanno affrontando per il costo della vita. Che, penso, per la maggior parte della gente è il problema principale”. Che genio! C’è arrivato, finalmente, a capire che dirige un Paese dove, nonostante tutti gli sforzi reiterati della Banca d’Inghilterra, il costo della vita presto potrebbe toccare il 10%. E allora deve capire pure che, se la gente continuerà a stare male, anzi, se la crisi sociale ed economica dovesse arrivare a veri e propri punti di rottura, lui deve avere l’onestà politica di andarsene prima.

‘Rattristati’ ma in poltrona

“Rattristato” (ma sempre saldamente al suo posto) si è detto il Cancelliere dello Scacchiere (Ministro del Tesoro) Rishi Sunak, un altro che ha sulla coscienza l’esplosiva condizione sociale ed economica del Regno Unito. L’unico che ha avuto il coraggio e la dignità di parlare chiaro, è stato l’ex leader del partito, Lord Michael Howard, con un intervento che il Financial Times ha definito “eclatante”. Il vecchio e rispettato esponente conservatore ha sostenuto, con la dovuta forma, “che il Paese starebbe meglio con una nuova leadership”.

“In sostanza, ha chiesto a Boris Johnson di togliersi dai piedi. Perché, pensatela come volete, ma per noi la forma più alta di democrazia è “perdere le elezioni”. E tornarsene a casa”.

Di Piero Orteca

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25 Giugno 2022