DI GIOACCHINO MUSUMECI
Nel paese delle vergognose mitosi politiche, aree improvvisate e affollate da figure senz’arte ne parte, esaltate da giornalisti disonorevoli, concorrono a ingannare cittadini inconsapevoli e boccheggianti nello stagno di consunzione democratica che ha prodotto una soverchiante tirannide di second’ordine.
Nell’ambito dei principi costituzionali il fallimento del governo Draghi è eclatante quanto l’ evidenza di redistribuzione della ricchezza secondo criteri che hanno riconfigurato lo Stato dove i diritti dei cittadini sono finanziariamente condizionati.
In questo modello di Stato, garantito in Italia da Draghi, gli equilibri istituzionali sono mutati rispetto all’impianto classico. Questa deformazione è stata possibile anche perché l’attore principale della Democrazia, il popolo, soccombe alla necessità irrinunciabile dell’autodeterminazione individuale a costo di quella collettiva. Oppure si verifica la frammentazione della collettività in sottogruppi che ne sopprimono altri.
In particolare il rapporto bilaterale Governo – Parlamento si è modificato verso un rapporto trilaterale Governo – Parlamento – mercato (quello finanziario) con notevoli riflessi sul corpo elettorale e sulla sovranità degli Stati nazionali. La partecipazione politica conosciuta sin qui risulta ostruita e ristretta.
Guardiamo cosa accade con Mario Draghi: le assemblee parlamentari sono “l’ombra di sé stesse, svilite a meri terminali di un potere che ha altrove la sua fonte”.
La supremazia dei Parlamenti (espressione della sovranità popolare e del diritto al bilancio) è ormai solo apparente perché soggetta al volere di poteri molto più forti come quello economico, delle organizzazioni internazionali (come ad esempio la Bmi, il Fmi, la Bce, il Mes), che non hanno legittimità democratica.
In tal modo la decisione economico-finanziaria e di conseguenza anche quella fiscale dei Parlamenti è molto indebolita, come appare indebolito lo stesso tradizionale controllo democratico del bilancio e dell’equilibrio tra spese ed entrate.
Un capitolo a parte meriterebbero le segreterie dei partiti il cui significato è anch’esso subordinato ai poteri descritti sopra.
In definitiva nelle dinamiche dello Stato Mario Draghi rappresenta il Popolo del mercato o ceto creditorio contrapposto ai cittadini dello Stato.
Il ceto creditorio non gode di diritti costituzionali ma di quelli derivanti dai contratti che richiedono l’adempimento di impegni pecuniari da parte dello Stato.
Il popolo del mercato ha una serie di prerogative molto incisive in termini di pretese, di persuasione e di influenza. Ha il potere di pretendere interessi più elevati per compensare il maggior rischio di insolvenza, può svendere obbligazioni pubbliche trasformandole in carta straccia, può non partecipare alle aste per il collocamento nel mercato dei titoli di Stato, influisce sui sistemi di rating finanziario e ha il potere di indurre gli Stati ad emanare regole.
Il ceto creditorio è riuscito a far gravare sulla gran parte dei cittadini i costi delle crisi trasferendo risorse dei contribuenti a istituzioni finanziarie.
In tal modo ingenti risorse subiscono una destinazione diversa da quella volta a soddisfare i bisogni della collettività.
Il mero riconoscimento di diritti senza riflesso pratico per i cittadini sta alla base della distorsione contenuta nei “diritti finanziariamente condizionati”, cioè garantiti esclusivamente dalla disponibilità di risorse anche qualora questi diritti siano costituzionali.
Con tali premesse è chiarissimo perché Mario Draghi dovrebbe andare a casa insieme a chi ne ha garantito la presenza. Ma allo stesso modo dovrebbero sparire i parlamentari di maggioranza e opposizione perché partecipano attivamente alla demolizione della Democrazia.
Infine il ceto elettorale dovrebbe colmare le enormi lacune culturali che ne hanno impedito la crescita politica.