DI PIERO ORTECA
Strategic Concept 2022. Più armi, uomini, mezzi, molti più soldi, molto più mondo da pattugliare, compreso spazio e cyberspazio. Al vertice dell’Alleanza atlantica di Madrid si è ridisegnato un pezzo dell’equilibrio militare del pianeta.
Costi anche umani. Sulla pelle dei curdi per cominciare: 33 estradabili che la Turchia di Erdogan li ha pretesi per togliere il proprio veto all’ingresso di Svezia e Finlandia nell’Alleanza.
Il nono allargamento dell’Alleanza dalla caduta del Muro. Al vertice di Madrid il socio di maggioranza, il presidente americano Joe Biden, ha annunciato che gli Stati uniti «rafforzeranno la loro presenza militare in Europa». Piero Orteca.
Battere la Russia, costi quel che costi all’Ucraina
Il messaggio che parte dal vertice di Madrid è chiaro, anzi lapidario e non ammette repliche: la Nato è pronta a sostenere l’Ucraina, nella sua resistenza all’invasore russo, senza limiti di tempo e di risorse. Putin è avvisato, Biden non vuole fare sconti. È l’occasione giusta per riscrivere la nuova geopolitica del pianeta, pensano diversi leader occidentali (specie negli Usa) e non bisogna farsela scappare. Così il documento finale, il “Nato 2022 Strategic Concept”, compendia una visione in cui l’aspetto “militare” è addirittura sopravanzato da una gestione “multiruolo” degli scenari internazionali. La politica di sicurezza s’intreccia con quella economica, la diplomazia si muove assieme alla grande finanza. E i valori ideali, anche nel “vangelo” della Nato, vengono solo dopo “the interests”.
Tra ideali e interessi, l’errore tragico di Putin
L’autocrate russo ha fornito agli americani un assist formidabile. Ha scatenato una guerra senza senso, e ha permesso a Washington di tornare a fare il bello e il cattivo tempo in Europa. Perché, signori, apriamo gli occhi: i valori di fondo tra America e Vecchio continente sono senz’altro comuni, ma gli interessi no. Quelli, di frequente, sono divergenti. E non si possono conciliare, semplicemente andando al traino o facendo finta di essere d’accordo col più forte. Bene, quando i vasi si rompono si rincollano col mastice. In questo caso, le differenze, talvolta clamorose, sul piano politico, economico e commerciale, tra Usa e Unione, vengono scavalcate “da superiori esigenze di sicurezza”.
“Il nemico esterno mette tutti orwellianamente d’accordo. Ora, Biden, Putin e Xi Jinping stanno giocando una colossale partita di “risiko” e il resto del pianeta sta schiacciato nel mezzo. Compresa la nostra derelitta Europa”.
L’eroica Ucraina invasa e usata
L’Ucraina, purtroppo per questa eroica nazione, è diventata solo il campo “neutro” di un gioco più grosso. Il Presidente Volodymir Zelensky, parlando al vertice, in videoconferenza, ha detto che si combatte “per il diritto internazionale in Europa”, e questo è condivisibile. Ma ha poi aggiunto che bisogna anche lottare “per il futuro ordine mondiale”. Un “mantra” che sembra dettato dal Dipartimento di Stato, e non tanto in funzione anti-russa, quanto piuttosto contro la Cina. Che, infatti, al punto 13 dello Strategic Concept, viene messa sul banco degli imputati. Ecco, allora, che ragionando sui dettagli, si torna a una chiave interpretativa della crisi, di tipo “grandangolare”, come quella di Niall Ferguson.
“La guerra di logoramento contro la Russia la dissanguerà e calmerà i bollenti spiriti di Pechino. L’obiettivo? Stoppare l’ascesa del Pil della Cina, che vuole scavalcare l’America entro il 2030”.
Usa-Cina primato economico
E poi contrattare termini di import-export più equilibrati, dato che la bilancia commerciale Usa è allo scasso. Inoltre, c’è la rogna di Taiwan. Un’isola di altissimo valore tecnologico che Washington vuole continuare a tutelare, nonostante il complicatissimo status giuridico.
Tutto un complotto?
Macchè, i servizi di intelligence americani funzionano a singhiozzo. In Afghanistan hanno sbagliato tutto quello che c’era da sbagliare. In Ucraina, hanno azzeccato l’invasione, ma erano convinti che Putin avrebbe fatto un boccone degli uomini di Zelensky. Quando hanno visto (meravigliati) la resistenza, hanno capito che si apriva “una finestra di opportunità”. L’Ucraina poteva diventare il Vietnam di Putin e loro avrebbero potuto prendersi cura dell’altro nemico, quello più tosto: la Cina. Certo, ora l’orso russo in Europa richiederà progressivi stanziamenti per la difesa. Gli Stati Uniti, responsabilizzando al massimo gli alleati (e un po’ terrorizzandoli col babau di Putin) potranno liberare risorse da impiegare nell’Indo-Pacifico. Quindi, al di là della torrentizia retorica profusa a Madrid, Biden in Ucraina difende, in parte, principi “di facciata” e fino a quando gli farà comodo.
Sacri principi a convenienza
Ha lasciato, in tanti gironi infernali, afghani, irakeni, curdi, libici, siriani, yemeniti, e chi più ne ha più ne metta. Desolate pietraie dove migliaia di bambini (e di donne) vengono uccisi nell’annoiata indifferenza della cultura occidentale. Quindi, per favore, almeno che si mettano da parte i moralismi da sepolcri imbiancati. Gli unici che in Ucraina combattono per l’onore e per la patria sono gli ucraini. I politicanti stranieri che si mobilitano, diciamo che spesso lo fanno in base a “interessi diversificati”. Un esempio? Siamo curiosi di vedere come andrà a finire con i 33 esuli curdi di cui Erdogan (per lui sono “terroristi”) ha preteso l’estradizione da Svezia e Finlandia. L’accordo raggiunto, per il via libera all’ingresso nella Nato, potrebbe far pensare che questi due Paesi si siano “venduti” i 33 rifugiati alle galere turche.
Da Olof Palme a Jens Stoltenberg
“Noi speriamo e pensiamo che non sia così. Perché, se no, dovremmo parafrasare la viscontessa de la Platière, che mentre veniva portata alla ghigliottina gridò: “Oh libertà! Quanti delitti si commettono in tuo nome”. Beh, togliete “libertà”, metteteci “democrazia” e forse capirete dove stiamo andando a parare”.
Di Piero Orteca
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30 Giugno 2022