DI LEONARDO CECCHI
La trascinarono via, in preda al panico. Poi arrivati in un prato, le spararono cinque colpi di fucile in piena faccia. Infine, una volta rovinata a terra, le si accanirono contro sferrandole altri colpi alla testa.
Graziella Campagna aveva solo diciassette anni quando venne uccisa dai mafiosi. Era una lavoratrice, aveva dovuto abbandonare gli studi per vivere, lavorando in nero in una lavanderia a Messina per una miseria. E lì, in quel posto di lavoro, trovò la sua condanna a morte: una piccola agendina caduta da una camicia che stava lavando. L’agendina di un boss, con informazioni sensibili per i mafiosi.
Dalla lavanderia, qualcuno fece il suo nome, dissero che aveva visto quell’agenda.
Pochi giorni dopo, dei mafiosi la fermarono mentre tornava a casa, la sera. La caricarono su una macchina, la portarono in un prato e la giustiziarono in quel modo orrendo. Accanendosi su di lei che non aveva colpe, che non aveva fatto del male a nessuno.
Graziella Campagna nasceva oggi, il 3 luglio.
Non arrivò ai diciotto anni perché dei mostri le tolsero la vita. Uno dei quali, poi condannato, ha ottenuto la semilibertà proprio pochi giorni fa. Perché in Italia le cose funzionano così.
Nel suo ricordo, non dimentichiamo mai cos’è la mafia.
Non ha onore, non ha dignità. È solo morte, dolore, ignoranza e vigliaccheria.