ECONOMIST: “CLOWNFALL” LA CADUTA DEL PAGLIACCIO. DOPO JOHNSON IL REGNO UNITO PIU’ POVERO E A RISCHIO

DI PIERO ORTECA

 

Boris Exit. Un giudizio quasi unanime nel mondo salvo Washington e Kiev, con diversi gradi di cattiveria da perfezionare da qui al vero addio. Come un epitaffio, riuscì a mandare Londra fuori dall’Europa, i laburisti di Corbyn in pensione, i migranti in Ruanda… poi è caduto sul Party gate e lo scandalo Pincher, palpeggiatore seriale. Valutazione politica di maggior conto sul futuro prossimo degli equilibri strategici mondiali: «Era l’alleato di ferro dell’Ucraina in guerra».

Addio estorto, uscita senza stile

Il premier britannico Boris Johnson ha delirato fino all’ultimo, vagheggiando di improbabili “controffensive politiche”. Solo che i nemici che alla fine lo hanno costretto, erano già nell’altra stanza. Perché sono tutti membri del suo stesso Partito conservatore. Non vedevano l’ora di toglierselo di torno, dato che oltre a scassare mezza Inghilterra, Mr. johnson ha praticamente raso al suolo un paio di secoli di austera storia dei Tory. Politici forse un po’ bacchettoni, è vero, ma comunque con un pedigree di tutto rispetto. Per ora, Johnson ha lasciato solo la leadership del partito, ma ha anche detto che si dimetterà (in autunno) da premier. Quando sarà stato scelto il nuovo leader dei Conservatori. Insomma, resta attaccato alla poltrona col mastice, ma anche col rischio di mandare alla malora un Paese sempre più confuso.

‘Clownfall’, la caduta del pagliaccio

Intanto, il prestigioso Economist lo ha piazzato in copertina, con un titolo che è tutto un programma: “Clownfall”, cioè “La caduta del pagliaccio”. La BBC, invece, ha cercato di “capire” gli hot-spot della mazzata infertagli da una cinquantina tra ministri, sottosegretari, funzionari, “lord” e semplici “comuni”. Citati, è vero, gli scandali dei festini in pieno lockdown e la nomina di un politico chiacchierato. Oltre ad altri “inciampi”, che giudichiamo, assolutamente, di piccolo cabotaggio. Ma, le “notti dei lunghi coltelli” fratricide dei Tories, che ormai duravano da un pezzo, avevano anche una causa scatenante più grossa. Di quelle, per capirci, che ti fanno perdere le elezioni: il progressivo deterioramento degli scenari economici. E della qualità della vita.

“Johnson ha “cavalcato” la Brexit, promettendo mari e monti. Balle. Tutti gli studi fatti, sullo sviluppo futuro del Regno Unito, senza l’Europa, erano in chiaro-scuro. Tendenti al nero”.

La pandemia svela il virus politico

La pandemia ha scoperchiato il vaso di Pandora. Johnson l’ha affrontata con la supponenza di un predicatore calvinista. Il suo popolo (eletto?) avrebbe raggiunto presto l’immunità “di gregge”, lasciando che la natura “facesse il suo corso”. E, soprattutto, senza spendere un penny. Quando l’incapace ha visto quello che aveva combinato, ha fatto una piroetta di 180 gradi, cambiando completamente politica. Così, spendi e spandi, il “conservatore” si è trasformato in una specie di “laburista” d’occasione. Aumentando le tasse (sopra le 34 mila sterline lorde), per coprire i buchi aperti dalla sua strategia “ondulatoria”. Nel frattempo, l’alterazione dei cicli domanda-offerta, l’interruzione della catena degli approvvigionamenti, il rialzo dei costi di energia, materie prime e semilavorati hanno rinfocolato il livello dei prezzi. E ci riferiamo al settembre 2021, quando Putin non aveva ancora invaso l’Ucraina.

Dopo il covid l’inflazione

Eppure, la Banca d’Inghilterra già lanciava un grido di guerra: arriva l’inflazione. Che sarà lunga, massiccia e devastante. Risultato? Zero. Boris Johnson, evidentemente, era girato dall’altro lato. E non è un caso se, proprio in questi giorni, uno dei collaboratori più stretti, che ha scelto di abbandonarlo, è stato il Cancelliere dello Scacchiere. Cioè, in pratica, il Ministro del Tesoro, Rishi Sunak. Quando la nave affonda, beh, si sa che i primi a scappare sono… ehm, diciamo quelli che vogliono restare a galla. Sunak ha avallato tutte le scelte economiche del premier. Ma, udite udite, la situazione dei forzieri di Sua Maestà forse è così malmessa, che ieri persino Nadhin Zahawi, nuovo Cancelliere, ha chiesto a Johnson, solo ventiquattr’ore dopo la sua nomina, di dimettersi.

“La verità è che, chiunque vada al potere, erediterà una sedia scottante, perché proprio ieri la Bank of England ha emesso un comunicato che sembra un “deprofundis”: o si ferma l’inflazione, a qualsiasi costo, o la nazione rischia di avvitarsi in una spirale di crisi economica dagli esiti difficilmente prevedibili”.

Esempi cattivi dal resto del mondo

D’altro canto, gli esempi (cattivi) non mancano. Alla Federal Reserve Usa hanno sbagliato tutto e si sono fatti condizionare da 17 Premi Nobel. Oggi viaggiano all’8,6% d’inflazione e presto aumenteranno i tassi di altri 75 punti base. La Banca Centrale Europea si occupa di finanza a tempo molto perso. Fa politica. Pensa che non affrontare i problemi oggi, significhi che qualcuno li risolva per te domani. Sbaglia.

Boris e UK ‘Caso scuola’

Boris Johnson e il Regno Unito sono un altro caso-scuola. “Il Paese è in pericolo – scrive lapidario l’Economist – ed è più povero di quanto si immagini. Il suo deficit delle partite correnti è aumentato vertiginosamente, la sterlina è crollata e i costi degli interessi sul debito sono in aumento”.

“Se il prossimo governo insisterà nell’aumentare la spesa e tagliare le tasse allo stesso tempo, potrebbe generare una crisi. Il tempo in cui tutto era possibile è finito”. Più chiaro di così…”

 

Di Piero Orteca

Da:

8 Luglio 2022

Foto in copertina da The Economist