DI ENNIO REMONDINO
Shinzo Abe era stato ferito con colpi di arma da fuoco durante un discorso elettorale a Nara nel Giappone centrale, «sembrerebbe non mostrare segnali vitali», riportavano subito i media Poi la conferma della morte dal ministro della Difesa Nobuo Kishi, fratello minore di Abe.
Violenza di casa
L’ex primo ministro, secondo la tv TBS, è stato colpito nella parte sinistra della schiena e al collo da colpi di arma da fuoco, almeno due, sparati alle spalle e a distanza ravvicinata. Sarebbe stata usata un’arma rudimentale. Le immagini mostrano che l’attentatore aveva una sorta di «tracolla» nera: si tratterebbe di due canne tenute insieme e avvolte da nastro isolante nero, quindi un’impugnatura. Una sorta di «doppietta», con l’assalitore che ha cercato di mimetizzarla in qualche modo.
Per Londra, già morto
“Poco dopo le 7:00 italiane, poche ore dopo l’attentato, il Cancelliere dello Scacchiere britannico Nadhim Zahawi ha pubblicato un tweet che annuncia la morte di Abe. Akcune ore dopo la conferma ufficiale del decesso da Tokyo”.
L’attentatore
L’attentatore, Tetsuya Yamagami, di 41 anni, nella marina nipponica fino al 2005, avrebbe confessato ai riferito ai poliziotti che l’hanno arrestato che era insoddisfatto di Abe. Secondo quanto riferito dai media, Yamagami ha utilizzato una specie di doppietta a canne corte di fattura artigianale, occultata in una borsa. L’aggressore si è avvicinato all’ex premier alle spalle, mentre quest’ultimo presentava i candidati locali alle elezioni per il rinnovo della Camera alta in programma domenica 10 luglio.
Armi vietate
L’aggressione ha gettato nello sgomento i cittadini giapponesi e la classe politica: il Paese è noto infatti per l’estrema rigidità delle sue leggi sul controllo delle armi da fuoco, e le vittime di violenza armata si contano ogni anno sulle dita di una mano. Ottenere un porto d’armi è un processo lungo e complicato, anche per i cittadini giapponesi, che devono prima ottenere una raccomandazione da un’associazione di tiro e poi sottoporsi a rigidi controlli di polizia.
Violenza politica
La violenza politica è estremamente rara. Tra i precedenti, il Corriere della sera ricorda l’uccisione del sindaco di Nagasaki, Iccho Itoh, nel 2007, ad opera di un killer della yakuza, la potente mafia giapponese, e quella del leader del Partito socialista, che fu colpito nel 1960 da un giovane di destra che utilizzò un’arma da samurai.
Da Abe il riarmo del Giappone
Abe è stato il primo ministro politicamente più longevo nella storia del Giappone post-bellico, guidando molteplici governi tra il 2006 e il 2007, e di nuovo dal 2012 al 2020. L’ex premier si è battuto per il superamento del pacifismo costituzionale, e ha promosso il rafforzamento delle capacità difensive accelerato attualmente in corso col sostegno statunitense.
L’ombra lunga delle società segrete
Quello che è accaduto in Giappone ha radici antiche, scrive Paolo Salom sul Corriere. «Nel Sol Levante l’assassinio politico per secoli è stato considerato una forma estrema ma accettabile di protesta politica». Lo scriveva il New York Times nel 1936, all’indomani dell’uccisione di Tatsukichi Minobe, docente all’Università Imperiale di Tokyo. La sua colpa? Minobe aveva pubblicamente messo in dubbio lo status di divinità attribuito al Tenno, l’Imperatore. Più di recente, il 13 ottobre 1960, Inejiro Asanuma, leader dell’opposizione socialista, fu ucciso da un diciassettenne, Futaya Yamaguchi, durante un comizio di fronte a mille persone: l’arma del delitto una spada da samurai.
Rimpianti di medioevo nipponico
Quello che accomuna questi episodi è l’appartenenza degli assassini a società più o meno segrete di estrema destra, in un ambiente immerso nel fanatismo. «La modernizzazione a tappe forzate che ha posto fine al Medioevo nipponico, ha avuto come conseguenza una risposta di segno opposto di parte del Paese, quella più legata alle tradizioni indiscusse per millenni». Anche se nessun elemento attualmente noto, lega l’attentato ad Abe con questa e tormentata di storia nipponica.
Editoriale dell’ 8 Luglio 2022
Da: