DI ANTONELLA PAVASILI
Questa ragazza si chiama, anzi si chiamava, perché è morta, Debora.
Aveva 32 anni, era sposata, aveva una bimba di 7 anni.
Debora è stata ritrovata dal marito, morta nel bagno di casa sua a Giarre, in provincia di Catania.
Dai primi esami sembra che sia morta almeno due giorni prima.
Ma il marito ha denunciato il ritrovamento del corpo solo ieri perché, a detta del legale, sarebbe rimasto sotto choc per due giorni interi.
Bene, anzi no, male, malissimo.
Perché ogni parola affiori alla mia penna, ogni pensiero sfiori la mia mente, ogni urlo prema alla mia gola, debbo soffocarlo.
Perché se dicessi ciò che penso sarei tacciata di essere giustizialista, sommaria, superficiale, ingiustificatamente “arraggiata” (come si dice dalle mie parti).
Ma è troppo difficile tacere.
Semplicemente perché sono una persona normale.
E a una persona “normale” riesce difficilissimo se non impossibile credere che un marito trovi la moglie morta in bagno due giorni prima e non dia subito l’allarme.
Sotto choc, dice il suo avvocato.
Può darsi.
Chi sono io per poter dubitare?
Zitta e muta devo stare.
La magistratura e le forze dell’ordine faranno il loro mestiere.
E intanto lei non c’è più.
Ammazzata.
E la figlioletta, che per fortuna si trovava dalla nonna, non la rivedrà mai più.
Perché qualcuno l’ha ammazzata.
Il marito sotto choc?
Un’altra persona?
Non lo sappiamo e non possiamo parlare.
Mentre orrenda e lugubre s’allunga la lista.
Avanti un’altra.
Stavolta è toccato a Debora, 32 anni, siciliana, come me.
Chi sarà la prossima?
E vorrei spaccare tutto.
Perché nascere femmine diventa sempre più un pessimo affare.
Ciao Debora, pensaci tu alla tua bimba
Foto web