DI GIANCARLO SELMI
Qualche tempo fa, nella più “One Man show” conferenza stampa di tutti i tempi, un uomo della cui esistenza in politica, il Paese, i lavoratori, i giovani avrebbero fatto volentieri a meno, definì l’allora Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte un “vulnus per la democrazia”. Salvo poi essere smentito da sé stesso, con la definizione di “nuovo rinascimento” regalata ad un regime illiberale e sanguinario ed al suo leader, accusato di fare uccidere e squartare giornalisti dissidenti.
Qualche tempo prima, il Costituzionalista Sabino Cassese, aveva più volte definito incostituzionale (salvo poi essere smentito da quella Corte che di Costituzione si occupa e per la cui difesa esiste), il ricorso al DPCM. Lo stesso insigne Costituzionalista, si era spinto a giudicare pericolosa per la democrazia, l’approvazione dello “stato di emergenza”, perché, a suo dire, non si può chiedere l’emergenza senza essere in emergenza. Argomentazione sottile e condivisibile se non fosse stata smentita, poi, da centinaia di migliaia di morti.
Durante il Conte due, tutti i giornali (escluso Il Fatto) hanno dato ampio risalto a quanto sopra evidenziato.
All’opera di demolizione del vecchio governo parteciparono: il fior fiore dei commentatori politici, tutte le penne possibili ed immaginabili, compresa quella di Toro Seduto, il 90% degli ospiti televisivi, il 100% dei conduttori televisivi, telegiornali, periodici enigmistici, condomini, dopolavoro vari, bocciofile, tabaccai, insediamenti rupestri, comunità montane, conventi, asceti, bonzi e pure qualche eremita su qualche Monte Calvo (quelli il cui parere solitamente non perviene).
Poi venne Lui, il Divino, il Magnifico, il possessore del record mondiale dei 100 mt sull’acqua, il Moltiplicatore, il Sapiente, il Competente, il Migliore, il todopoderoso (per un mio amico spagnolo) e per incanto tutto si trasformò.
I vulnus vennero rimossi e sostituiti da: “faccio ciò che mi pare e niente spiegazioni”, i DPCM diventarono strumenti indispensabili e prova della presenza dello Stato, lo stato di emergenza divenne giusto ed a gestirlo vennero chiamati militari (emergenza più militari un connubio ideale per la democrazia).
Tutto il negativo divenne positivo per il tocco della genesi della competenza fatta persona. Il positivo, che prima non esisteva, divenne tutto. Dubbi? Nessuno. Rimossi da oceani di saliva che si accompagnavano a lingue (e penne) poderosamente protese verso le natiche del Gran Risolutore, del Magnifico Pulitore, dell’Immenso Pianificatore.
E la tanto richiamata democrazia?
Non pervenuta, fra provvedimenti fatti arrivare sul tavolo dei ministri 13 secondi prima dell’approvazione.
Parlamento considerato un inutile contenitore.
Centinaia di ricorsi alla fiducia nonostante una maggioranza bulgara. Minacce di “o così o me ne vado”, provvedimenti incostituzionali, multe a chi non voleva accettare una terapia preventiva (non è un vaccino) che non esclude il contagio.
I Costituzionalismi bizantini di Cassese, l’ego patologico di quello lì, gli artifici retorici degli pseudo giornalisti, scomparsi.
Siamo peggio di un paese latino americano degli anni ’70. Attendiamo con ansia che si formino i famigerati squadroni della morte a difesa del tempio, al comando di un generale ed armati di siringhe di nuova generazione.
Indici economici, prospettive, situazione? Molto peggio di quelli ereditati dal precedente governo.
Nonostante tutto, nonostante Conte abbia fatto votare ai suoi tutte le “porcate” draghiane, paradossalmente la colpa è sua.
Diciassette mesi fa lo si voleva sbattere fuori dal governo, oggi lo si calunnia perché dal governo vorrebbe uscire.
Insomma: siccità? Ha stato Conte.
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