DI MIMMO MIRARCHI
La mozzarella com’è noto è un formaggio a pasta filata oggi prodotta in diverse regioni del Sud e Centro Italia, e anche in alcuni caseifici oltre frontiera: Svizzera, Germania, Francia, Australia, Stati Uniti e anche Thailandia, Egitto e Sud Africa, ma sempre portata in loco da italiani.
La “mozzarella di bufala campana” però è qualcosa di diverso, è la mozzarella per eccellenza. Bianca, lucente e senza crosta, ha una consistenza gradevolmente fibrosa e insieme soffice, e si distingue per il suo aroma di latte dal sapore vagamente acidulo.
La mozzarella ha un’origine molta antica, tant’è che le prime testimonianze risalgono addirittura a Plinio il Vecchio, che nel suo trattato Naturalis Historia, cita il laudatissimum caseum del Campo Cedicidio, territorio campano oggi identificabile fra Mondragone e Castel Volturno. Diciamo però che il caseum citato da Plinio era, sì, un formaggio a pasta filata ma di latte vaccino, dato che le prime bufale non erano ancora presenti in zona, almeno fino ai secoli X-XI. Ed è allora che il casuem diventa mozzarella. Registriamo infatti che in un documento risalente al XII secolo, conservato nell’Archivio Episcopale di Capua, per la prima volta compare il nome “mozza”, radice della definizione “mozzarella”. In esso si apprende dell’usanza dei monaci del monastero di S. Lorenzo in Capua di rifocillare i pellegrini con pane e un formaggio da loro prodotto mozzato con le mani. Fu però Bartolomeo Scappi, cuoco di papa Pio IV, e poi di Pio V, che nella seconda metà del secolo XVI coniò e consegnò alla storia della gastronomia il nome “mozzarella”.
Ma fu sotto il regno borbonico che la mozzarella campana raggiunse il suo massimo splendore. Con l’intensificazione degli allevamenti di bufala fu realizzato in Campania un grande caseificio che consentì una larga diffusione del prodotto. La mozzarella piacque molto e la bonifica delle zone paludose del basso Lazio e la confinante alta Campania favorì la nascita di numerosi caseifici. E anche a sud di Salerno il nostro “oro bianco” trovò casa. A Battipaglia tuttora si produce la “zizzona”, una mozzarella il cui peso oscilla da 1 a 7-8 kg dalla forma di un prosperoso seno femminile. Alla sua origine c’è un’antica leggenda, dolce e romantica, che narra di una storia d’amore.
Si racconta che la bellissima ninfa Baptì-Palìa era solita preparare la “mozzata di bufala” secondo un procedimento appreso dagli Dei, che poi portava sulla loro mensa. Si trattava di una ricetta segreta che la ragazza non doveva rivelare a nessuno. Un giorno, dopo aver munto le bufale e preparato la filatura della cagliata per poi mozzarle in forma sferica, mentre si recava per la consegna s’imbatté in un giovane pastore di nome Tusciano che giaceva addormentato sotto un albero. Colpita dalla sua bellezza se ne invaghì perdutamente e come dono d’amore gli confidò il suo segreto. Il giovane pastore, però, non tenne per sé la preziosa rivelazione e di bocca in bocca vennero a conoscenza della ricetta molti altri pastori, che cominciarono a dedicarsi alla preparazione della mozzata, poi apprezzata e diffusa in tutto il territorio. Indispettiti, gli Dei punirono i due amanti condannandoli a girovagare per campi e paludi senza mai incontrarsi. Ma col tempo, i pianti della ninfa e l’afflizione del pastore finirono per impietosire gli Dei, che decisero, sì, di farli incontrare ma con fattezze diverse. Fu così che Baptì-Palìa fu trasformata in un villaggio – l’odierna Battipaglia – e Tusciano nel fiume che l’attraversava. Da allora, i pastori decisero di preparare una mozzarella che ricordasse la bella ninfa.
Oggi la Mozzarella di bufala campana ha ottenuto il riconoscimento europeo DOP. La Denominazione di Origine Protetta presuppone l’utilizzo di latte intero esclusivamente di bufala proveniente dall’area certificata con caratteristiche organolettiche e merceologiche previste da un apposito disciplinare, che include precise condizioni ambientali e metodi di lavorazione tradizionali.
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16 Luglio 2022