GERMANIA, DALL’INFLAZIONE ALLA RECESSIONE, E TREMA L’EUROPA

DI PIERO ORTECA

 

Precipita l’indice di fiducia delle imprese tedesche e aumentano i timori di una recessione nelle grandi economie europee. Sotto osservazione Germania e Francia, ma va male anche nel resto dell’Eurozona
La guerra in Ucraina inizia a pesare sulle economie del Vecchio continente: durante gli ultimi mesi, i Paesi occidentali hanno sofferto i blocchi sulle catene di approvvigionamento e l’impennata dei prezzi delle materie prime che ne è derivata. Inoltre, il timore per i rialzi incessanti dell’inflazione.

Il fantasma recessione prende corpo

Prima era uno solo il fantasma che turbava il sonno dei tedeschi: l’inflazione. Adesso, a rendere le loro notti simili a quelle di Halloween è arrivata anche la recessione. Non scherziamo. I dati statistici, arrivati negli ultimi giorni, fotografano una situazione economica che si va progressivamente sfilacciando. E che è veramente una pessima notizia per l’Unione, perché finora la Germania è stata il più potente sistema produttivo d’Europa. La vera locomotiva del Vecchio continente. E se le prospettive per i tedeschi sono grigio-scure, a maggior ragione vuol dire che, per gli altri, il futuro potrebbe essere nero come la pece.

Financial Times

La recessione tedesca incombe mentre la fiducia delle imprese crolla ai minimi degli ultimi due anni” titola il Financial Times. Lo speciale indice dello “Ifo Institute” dimostra il pessimismo degli imprenditori, costretti ad affrontare l’impennata dei costi di produzione, per l’effetto combinato dell’inflazione e della crisi del gas russo. La situazione è così grave, sostiene il Financial Times, che per colpa dei possibili tagli alle forniture di gas che arrivano dalla Russia, molte industrie tedesche potrebbero essere costrette a limitare la produzione o addirittura a chiudere. Si tratta di decisioni che, con un effetto domino, colpirebbero diffusamente la catena di approvvigionamento, prima in Europa e poi in altre parti del mondo.

Gas, catastrofe e bugie

Petr Cingr, amministratore delegato di SKW Stickstoffwerke Piesteritz, uno dei più grandi produttori di ammoniaca del Paese e uno dei principali fornitori europei di fertilizzanti e di fluidi per motori diesel, non ha dubbi: “Se la Russia dovesse tagliare tutte le forniture di gas, dovremmo interrompere immediatamente tutta la produzione da 100 a zero”. La stessa cosa, ovviamente, vale per le altre fabbriche di fertilizzanti. La ricaduta sull’agricoltura e, in particolare, sulle rese per ettaro, sarebbe devastante. E i prezzi dei prodotti agricoli si impennerebbero di conseguenza.

Economisti chirurgici

Al di là delle rassicurazioni di facciata (e di comodo) dei politici che, sinceramente, girano in tondo e non sanno che pesci pigliare, gli economisti sono molto più “chirurgici”. Secondo la Bundesbank, se Putin dovesse partire al contrattacco, chiudendo tutti i rubinetti del gas, gli effetti negativi sulle catene di approvvigionamento si amplierebbero di almeno due volte e mezza. Mentre l’Ufficio studi della banca svizzera UBS arriva a ipotizzare un clamoroso crollo del Pil, che potrebbe arrivare fino al 6%.

Metallurgia e chimica

I problemi che deve affrontare l’industria tedesca sono anche di tipo tecnologico. Alcune produzioni sono necessariamente legate all’alimentazione col gas, come quella dell’acciaio. ThyssenKrupp, il più grande produttore, ha annunciato che senza gas bisognerà fermare l’attività degli altiforni. Grido d’allarme lanciato anche dalla BASF, il più grande gigante chimico mondiale con sede a Ludwigshafen. Con rifornimenti di gas sotto il 50%, gli impianti di steam cracker sarebbero paralizzati. La situazione è così grave da assumere le caratteristiche da “emergenza di guerra”. In una lettera del Ministro dell’Economia (Robert Habeck), si avvertano le istituzioni pubbliche, uffici, scuole e ospedali di dotarsi di generatori specifici (gruppi elettrogeni). Indispensabili in caso di black-out.

L’economia e le aspettative

“E siccome l’economia è fatta di aspettative, tutte queste prospettive plumbee stanno mettendo in ginocchio il sistema-paese. Le aziende tedesche devono combattere non solo con la “reperibilità” del gas necessario a far funzionare la loro attività, ma anche con il suo costo, che fa sballare tutti i bilanci e sta facendo perdere competitività ai prodotti della nazione”.

Dalla Russia di contrabbando

La Germania ha sempre avuto delle relazioni “speciali” con la Russia, che si traducevano in un trattamento di favore in campo commerciale. I tedeschi solo 18 mesi fa pagavano il gas di Putin 20 euro al Megawattora, adesso lo pagano a 160 euro. Cioè, otto volte di più, il che fa capire come mai un’incipiente recessione aleggi su Berlino. La storia dei fertilizzanti, poi, la dice lunga su come si trovino le soluzioni a certe crisi. Secondo la società SKW, i prezzi dei fertilizzanti sono diventati così astronomici da costringere gli agricoltori tedeschi a procurarsi, di contrabbando, quelli… russi. Li compravano (e li comprano) attraverso una triangolazione con la Serbia, che consente a tutti di scavalcare le sanzioni. Per primi ai tedeschi.

Le economie export del libero scambio

Certo, per la Germania i disagi economici sono un trauma nazionale, perché ricordano periodi storici rimossi dalla memoria. Da allora, i tedeschi hanno saputo costruire il più potente sistema produttivo d’Europa. Il più efficiente, quello capace di dare il massimo valore aggiunto alle materie prime e ai semilavorati, destinati a diventare beni “made in Germany” e a essere venduti in tutto il mondo. Un sistema “export-oriented”, dunque, come l’Italia. E un sistema, che proprio come il nostro, prospera e si sviluppa sulla base di relazioni internazionali cooperative e basate sul libero scambio.

“Modelli di convivenza in cui la pace è non solo un valore ideale, ma anche e soprattutto un reale e consistente vantaggio sostanziale. Ecco perché la guerra in Ucraina deve finire, prima possibile. Se non lo volete fare per umanità, fatelo almeno perché vi conviene”.

Di Piero Orteca

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26 Luglio 2022